Ferrara, una chimera chiamata Idrovia: il turismo chiede progetti chiari
Le operazioni sui canali prendono lentamente forma. Sobbe (Nena): «Il piano non è realizzabile»
Ferrara Quale futuro, se esiste, per l’idrovia ferrarese? Il grande progetto in ballo ormai da molti anni e finanziato con decine di milioni, riguarda l’adeguamento del traffico fluviale tra la conca di Pontelagoscuro e Porto Garibaldi che dovrebbe permettere il passaggio di navi fino a duemila tonnellate di stazza. Il percorso lungo settanta chilometri presenta diverse criticità, dai colli di bottiglia che richiedono l’adeguamento delle conche a Pontelagoscuro fino ai vari ponti da rialzare o ricostruire come quello di Final Di Rero per il quale i cittadini si sono già mobilitati contro la distruzione di vegetazione lungo l’argine, necessaria per i lavori. Tra poco, si spera, partiranno le opere di dragaggio del Po di Volano che coincideranno con le opere del primo stralcio del lotto iniziale dei lavori che vedranno coinvolto anche il Canale Boicelli e le relative opere di sistemazioni spondali. A tal proposito è in fase di ultimazione l’approntamento dei tre siti di stoccaggio dei residui fangosi che saranno prodotti dai lavori. Sempre sulla carta, queste opere saranno propedeutiche a quelle della Darsena di San Paolo sempre dal punto di vista del dragaggio, dei lavori infrastrutturali sui ponti e della creazione di punti di valorizzazione per il turismo compreso il porto turistico. L’ambizione del progetto è ovviamente enorme e da sempre gli scetticismi sono stati molteplici su svariati aspetti. Chi spesso li ha evidenziati è Georg Sobbe che da anni solca le acque del Po col battello Nena, facendosi pioniere di quel turismo fluviale il cui progetto diventa sempre più una chimera, anno dopo anno.
«Due sono i motivi per il quale l’idrovia pensata vent’anni fa non può essere realizzabile: tra i tanti ponti che bisognerebbe alzare c’è quello ferroviario, opera impossibile senza spostare la stazione stessa. L’alternativa sarebbe creare un sistema a due conche, infattibile per costi ed inefficienza». «Il secondo – prosegue Sobbe – è legato alla navigabilità del fiume Po anche nel caso si riuscisse a garantire le navigazioni delle imbarcazioni di quinta classe europea. Il corso d’acqua è navigabile per 250-280 giorni l’anno con sempre più eventi di secche e piene. Sarebbe dunque difficile la programmazione degli eventuali trasporti». L’operatore turistico poi si chiede «cosa lascerebbe il progetto Idrovia sul territorio se il trasporto merci restasse una chimera? Quale sarebbe il ruolo dell’Idrovia nel futuro disegno della Provincia? Come sarebbe realizzata l’infrastruttura per la navigazione turistica? Nessuno si pone sul serio queste domande e la mancata messa in discussione del progetto drena risorse economiche che vanno nella realizzazioni di opere che, se sulla carta servono per favorire la navigazione, nel concreto servono per il traffico stradale come l’annosa rotonda di San Giorgio che all’epoca fu costruita per risolvere il traffico generato dal futuro rifacimento del ponte adiacente sul Po di Volano». In conclusione «sono certamente contento se verranno effettuati i dragaggi oppure se verrà sistemata la conca di Valle Lepri. Per il turismo fluviale mancano però i fondi tranne che per piccoli progetti. Noi operatori non abbiamo avuto risposte dagli enti preposti negli ultimi tempi e queste mie provocazioni servono anche a questo perché stiamo davvero faticando».