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Ferrara, truffò invalido per 130mila euro: avvocato verso il patteggiamento

Daniele Oppo
Ferrara, truffò invalido per 130mila euro: avvocato verso il patteggiamento<br type="_moz" />

L'amministratore di sostegno si era fatto autorizzare prelievi spropositati

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Ferrara Un capo d’imputazione saltato, l’altro, il più grave, riqualificato da peculato a truffa aggravata. E istanza di patteggiamento di una pena a un anno e quattro mesi di reclusione e 400 euro di multa, con i benefici della sua sospensione condizionale e della non menzione, presentata ieri al giudice delle indagini preliminari Silvia Marini, che deciderà il 19 febbraio. Il tutto per essersi appropriato in modo fraudolento di almeno 133.874 euro appartenenti al conto di un uomo infermo di cui era amministratore di sostegno. Per un avvocato del Foro di Ferrara le cose sembrano dunque aver preso una piega relativamente favorevole, almeno rispetto alle accuse di partenza.

Meno piacevoli probabilmente, nel caso in cui l’istanza di patteggiamento dovesse essere accolta in questi termini, le conseguenze immediate per la vittima del reato e per chi in questo momento lo rappresenta (il curatore speciale, assistito dall’avvocato Simone Bianchi), che per vedere riconosciuti almeno in parte i propri diritti avranno necessità di azionare la giustizia civile, che ha tempi decisamente meno rapidi. Il passaggio dal peculato – ovvero l’appropriazione del denaro altrui di cui era entrato in possesso in veste di pubblico ufficiale, qual è quella di amministratore di sostegno – alla truffa, comporta infatti il “vantaggio” aggiuntivo che per accedere al patteggiamento non è necessario restituire prima il maltolto. Per cui sarà necessario un separato giudizio civile per il risarcimento del danno.

L’imputato - che è difeso dagli avvocati Dario Bolognesi e Antonio Vesce – è accusato ora di avere raggirato il suo amministrato (inducendo in errore il giudice tutelare e l’impiegato della banca che ha eseguito le operazioni) facendosi autorizzare pagamenti molto cospicui per attività quali “esame e studio della pratica”, “conferenze telefoniche”, “conferenze con i professionisti”, “conferenze presso Inps”, “esame posizione pensione invalidità”. Parliamo di prelievi da 10.213 euro, 17.509 euro, 23.710 euro effettuati in meno di dieci giorni nell’ottobre 2017 e autorizzati a consuntivo nel marzo dell’anno successivo dal giudice. E poi ancora, da febbraio a giugno 2018, si era fatto autorizzare in via preventiva dal giudice a prelevare altre decine di migliaia di euro (oltre 80mila euro) sempre per le stesse attività legate alla pratica pensionistica. Balza all’occhio una doppia autorizzazione per lo stesso preciso importo (21.886,80 euro) autorizzato prima a gennaio e poi a marzo per attività formalmente differenti. Il tutto con la beffa che, almeno stando all’accusa, oltre a essere compensi totalmente non dovuti e spropositati negli importi, per tutte queste attività l’avvocato imputato aveva già ricevuto un compenso: 37mila euro fatturati alla madre dell’amministrato. L’accusa che nel patteggiamento salta, con richiesta di non pronunciare non luogo a procedere, riguardava un ulteriore prelievo di 30mila euro autorizzato per effettuare il rifacimento della facciata di un immobile, senza che i lavori siano stati eseguiti. La difesa ha evidenziato in sede d’indagine che quei 30mila euro sono stati fatti transitare successivamente sul conto corrente della madre dell’amministrato.