Rapina in banca con ostaggi a Ferrara: quattro condanne per la banda
Nel settembre 2022 il colpo da 300mila euro alla Centro Emilia
Ferrara Tutti condannati i quattro componenti della banda che il 12 settembre del 2022 rapinarono la banca Centro Emilia di via Porta Romana, fuggendo con un bottino di 300mila euro tra contanti e preziosi dopo aver legato, imbavagliato e rinchiuso in uno sgabuzzino otto ostaggi, tra personale e clienti tra cui una donna al quinto mese di gravidanza. Rapina aggravata in concorso e sequestro di persona i reati contestati dalla procura (pm Alberto Savino) agli imputati. Per Pietro Gandolfo, il palo che nei giorni precedenti il colpo eseguì alcuni sopralluoghi all’interno della banca filmando gli ambienti con il cellulare, la condanna è stata di 6 anni. La pena più alta, 7 anni e 4 mesi, è stata attribuita a Salvatore Battaglia, a causa del “carico” aggiuntivo di 2 anni e 2 mesi per una rapina da 3 milioni di euro compiuta a Milano e che ha fatto scattare la continuazione; la pena più bassa invece per Marcello Patricola, l’unico ad aver confessato distaccandosi dai complici. Infine 6 anni e 8 mesi a Benito Lo Re, unico ancora latitante dopo che erano stati emessi gli ordini di cattura, e arrestato mentre stava commettendo una rapina a Milano.
Una banda di professionisti, dunque, che ha agito in modo preciso e organizzato, preparando il colpo nei minimi particolari. Giorni prima avevano studiato i luoghi e le vie di fuga, e di notte avevano provveduto a praticare uno scavo nel muro per poter schermare i sensori dell’allarme con alcuni cartoni, per impedire che suonasse. Acquisito così il controllo del dispositivo, quando la mattina del 12 settembre la direttrice arrivò alla banca, fecero in modo di far scattare l’allarme al suo ingresso, così da indurla a disinstallarlo. A quel punto Battaglia, Patricola e Lo Re entrarono nell’edificio dalla finestra del bagno, sorpresero la direttrice quando era ancora sola e la costrinsero a consegnare loro 60mila euro in contanti e 250mila euro in preziosi custoditi nelle cassette di sicurezza. Nel frattempo, man mano che in banca entravano dipendenti e clienti, venivano bloccati, privati del cellulare, legati, imbavagliati e rinchiusi in uno stanzino. Uno di loro, un funzionario, notò che uno dei rapinatori aveva con sé un’arma, una pistola tipo Beretta. Un elemento che aveva contribuito a far sentire gli ostaggi in pericolo e minacciati, pur essendosi rivelata poi una scacciacani.
Terminata la razzia, i complici avevano raggiunto il palo, Gandolfo, che li aspettava nelle vicinanze - come appurato dalle telecamere - e la banda era fuggita in direzione Poggio Renatico a bordo di un’auto rubata a Minerbio, e ritrovata due giorni dopo in località Uccellino. Poi, con un’auto “pulita” (che Gandolfo aveva avuto in prestito) si erano dileguati. Grazie alle immagini girate dalle telecamere, alle testimonianze e alle intercettazioni, i carabinieri erano riusciti pazientemente a individuare tutti e quattro i componenti della banda, anche grazie a caratteristiche che li avevano resi riconoscibili: gli occhi azzurri di Patricola, le scarpe sportive di marca indossate da Battaglia il giorno della rapina, il tatuaggio sull’avambraccio di Lo Re.