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Argenta, morti sospette all'ospedale. Si scava nel passato dell’infermiere

Daniele Oppo
Argenta, morti sospette all'ospedale. Si scava nel passato dell’infermiere<br type="_moz" />

Procura e Carabinieri allargano il campo d’indagine, l'accusa è di omicidio volontario

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Argenta Si allarga ancora il campo d’indagine sulle morti sospette all’ospedale “Mazzolani-Vandini” di Argenta. La Procura e i Carabinieri stanno infatti approfondendo alcuni aspetti della vita dell’infermiere indagato per omicidio volontario e sospettato di aver somministrato un potente sedativo agli anziani pazienti, due dei potrebbero essere deceduti per questo motivo.

Il primo aspetto che gli investigatori stanno cercando di chiarire riguarda il titolo di studio dell’indagato. Da quanto risulta, dopo una iniziale carriera da operatore socio-sanitario (Oss), sarebbe andato in Romania e qui avrebbe acquisito una laurea in scienze infermieristiche (o un titolo considerato equivalente). Il sospetto è che quel titolo non sia veritiero.

Il secondo aspetto oggetto di approfondimento è forse ancora più importante e riguarda la precedente attività lavorativa dell’indagato, che prima di approdare ad Argenta risulta avere lavorato in altre strutture ospedaliere tra la Toscana e l’Emilia-Romagna. Gli inquirenti cercando possibili indizi relativi ad altre morti sospette o maltrattamenti.

L’uomo, lo ricordiamo, è indagato per la morte di Antonio Rivola, 82 anni, e Floriana Veronesi, 90 anni, deceduti il 5 e il 24 settembre e per una serie di presunti maltrattamenti ai danni di altri pazienti.

La sostituta procuratrice Barbara Cavallo, titolare del fascicolo d’indagine, nei mesi scorsi aveva conferito un delicato incarico medico-legale e tossicologico per capire se i decessi possano essere collegati all’eventuale abuso di un farmaco ben specifico, il Midazolam, un potente sedativo che può essere usato solo in ambito ospedaliero e sotto stretto controllo medico. Non si tratta di una ricerca semplice, perché l’emivita (ovvero la sua permanenza nel sistema e nei tessuti) non è molto elevata. Le ricerche vengono effettuate principalmente nei capelli, in particolare in quelli delle pazienti di sesso femminile, che generalmente sono più lunghi e potrebbero aver conservato le tracce chimiche del farmaco. In ogni caso, è bene ricordarlo, va provato anche il collegamento tra l’uso del farmaco e i decessi.

Dopo l’avvio dell’indagine, l’infermiere – che è oggi assistito dall’avvocato Lorenzo Valgimigli – era stato sospeso dall’Ausl, ma non è mai stato sottoposto a misure cautelari proprio perché va ancora chiarito se il reato esiste. La stessa azienda sanitaria aveva segnalato alcune circostanze considerate sospette sull’uso di quello specifico farmaco, dopo che dalle indagini interne non era comunque emerso nulla di anomalo in merito ai decessi.

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