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Il processo

Ferrara, rivolta in carcere dopo il lockdown: chiesti 30 rinvii a giudizio

Alessandra Mura
Ferrara, rivolta in carcere dopo il lockdown: chiesti 30 rinvii a giudizio

Per il Pm uno degli imputati deve essere condannato a 8 mesi in abbreviato

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Ferrara Trenta richieste di rinvio a giudizio per reati che vanno dal danneggiamento, all’incendio, dalla resistenza a pubblico ufficiale alle lesioni e una richiesta di condanna in abbreviato a otto mesi solo per resistenza, non essendo stato possibile stabilire con certezza il suo “contributo” nei roghi e negli atti vandalici. È il conto presentato dalla procura (pm Andrea Maggioni) ieri all’udienza preliminare del processo per la rivolta nel carcere dell’Arginone dell’8 e 9 marzo 2020. Altre sei posizioni erano state nel frattempo stralciate perché gli imputati risultavano espulsi o irreperibili. L’udienza è stata poi aggiornata all’11 aprile per le repliche.

Ad accendere la scintilla della rivolta dei detenuti fu il lockdown disposto per l’emergenza Covid, in un contesto già critico per il sovraffollamento della casa circondariale ferrarese che all’epoca contava 371 rinchiusi a fronte di una capienza di 244 posti. Paura del contagio, sospensione dei colloqui e le voci che arrivavano su altre sommosse di carcerati in Italia furono il mix esplosivo che fece divampare i disordini: letti bruciati, finestre, lampade e altre suppellettili distrutte, aggressioni agli agenti penitenziari (uno riportò traumi guaribili in 10 giorni): due giornate di fuoco che furono contenute grazie a un’abile opera di mediazione, evitando derive più violente come invece avvenne in altre realtà.

Per quei fatti 37 detenuti finirono nel registro degli indagati (tra istigatori ed esecutori materiali), poi ridotti a 31, si diceva, in seguito agli stralci per espulsioni o irreperibilità (inoltre uno degli indagati nel frattempo era deceduto). Tra gli imputati anche alcune vecchie conoscenze delle cronache ferraresi come Glory Egbogun, detto “Omomo”, esponente del clan nigeriano dei Vickings e presente all’agguato con il machete in via Olimpia Morata; tra i nomi compare anche quello di Afrim Beizaku, ritenuto uno degli amici di Igor il Russo e sospettato di avere offerto ospitalità al pluriomicida. Tra coloro che la procura indica come istigatori della rivolta c’è Rimi Mezani, primo condannato a Ferrara per il reato di omicidio stradale. E ancora tra gli agitatori l’accusa ha indicato Nicola Di Rosalia, condannato per un colpo a Tamara e indagato per alcune rapine a Cento; e poi Fiore Ricci, conosciuto a Padova come “il terrore delle nonnine al volante” per vari furti con destrezza, e che già nel carcere di Belluno era stato tra i fautori di una rivolta penitenziaria. Quella scoppiata all’Arginone all’alba della pandemia provocò 14mila euro di danni e solo grazie a un tempestivo intervento di conciliazione non degenerò in episodi più gravi.