Hirsch, l’oblio dopo la persecuzione. Un progetto per restituirlo a Ferrara
Si salvò per un soffio dalla “lunga notte del ’43”, fu imprenditore illuminato e benefattore
Ferrara È la mattina del 15 novembre 1943, i corpi di otto ferraresi uccisi all’alba per rappresaglia dai fascisti, sono ancora accasciati davanti al muretto del Castello, lasciati in bella vista come monito. La signora Lucia Bazzanini, come ogni mattina, si sta recando a fare la spesa per la famiglia presso la quale è da anni impiegata come domestica. Un conoscente la ferma e le dice di non andare in piazza, che ci sono dei morti e tra loro anche il signore ebreo per il quale lavora. Lucia è stupita, ma non si scompone, perché sa che Renato Hirsch è a casa in pigiama, dove lo ha appena salutato, vivo. Ma torna di corsa, lo avvisa e lui, capendo di essere in pericolo, le affida le chiavi e con quel poco che ha, lascia la casa di via Porta Mare, entrando in clandestinità e salvandosi per un soffio dalla furia vendicatrice che si era abbattuta sulla città. Questo aneddoto inedito è arrivato fino a noi grazie al lavoro di ricerca di Licia Vignotto, responsabile di Interno Verde, che proprio esplorando i giardini estensi si è imbattuta nella famiglia Hirsch e si è appassionata alla sua storia. «È stata la nipote di Lucia, Carla Strozzi, a raccontarmi questo episodio, divenuto memoria famigliare, così come la grande affezione per Renato, che tanto ha fatto per la città e per i propri dipendenti». Non a caso Carla porta lo stesso nome della figlia di Hirsch, che fu convintamente antifascista fin dagli anni Venti, ma anche imprenditore illuminato. La sua felice gestione del maglificio di famiglia ha dato lavoro a 400 operai, prevalentemente donne, a cui Hirsch garantiva l’assistenza sanitaria e l’asilo per i figli. «Alla stessa Lucia, pagò il ricovero per tutta la gravidanza», aggiunge Vignotto. Ma un ebreo apertamente antifascista in quegli anni non poteva essere lasciato in pace, così i fascisti progettarono di dare fuoco alla sua azienda, che si trovava nell’attuale via Aldighieri, «intimando ai pompieri di non uscire dalla caserma - ricorda in una testimonianza la cugina Lia Hirsch Cases - l’ordine è stato poi revocato per un pressante intervento del Prefetto, preoccupato di avere la mattina dopo 400 disoccupati. Il Prefetto è poi stato immediatamente trasferito! In realtà dietro a tutto questo si nascondeva la volontà di Italo Balbo di impadronirsi della fabbrica, divenuta un’azienda molto solida». E se l’incendio non va a buon fine, la campagna contro l’imprenditore riesce perfettamente, grazie anche a un giornale, il Corriere Padano, che abdica al suo mandato deontologico e si presta a scatenare contro Hirsch la macchina del fango, accusandolo di speculazioni illecite, oltraggio alla Patria e vigliaccheria. «Nonostante lui - ricorda Vignotto - avesse iniziato ad andare la sera avanti e indietro sul Listone con una pistola sotto il paltò, mostrandosi, per vedere se qualcuno voleva affrontarlo a viso aperto. Nessuno mai si presentò. In virtù delle leggi razziali che impedivano agli ebrei di gestire fabbriche con più di cento operai, la sua venne confiscata, e lui fu mandato al confino al Sud. La nuova società creata apposta per rilevare il suo lanificio non mostrò però la sua stessa abilità, e più volte fu "disturbato" nel suo internamento, per avere consigli sulla gestione. Che lui fornì, pur di non vederla fallire e per amore dei suoi dipendenti». «Rientrato a Ferrara - come riporta la pagina Museo Ferrara - dopo l’armistizio Hirsch diventa uno dei punti di riferimento della Resistenza. Fa parte del Comitato di Liberazione Nazionale provinciale come rappresentante del Partito Liberale, ed è lui ad accogliere in città le avanguardie degli Alleati come prefetto reggente, nominato nello stesso 1945». Poi «deluso dal clima di tensione che si crea con le forze politiche locali e costretto a rinunciare alla presidenza della delegazione provinciale per le sanzioni contro il fascismo, nel 1946 lascia Ferrara e l’Italia». «Spesso mi sono stupita di quanto poco venga ricordato - conclude Vignotto - Per questo c’è il progetto di ricostruire la sua storia in un libro. Invito chi abbia notizie e materiali a contattarci attraverso l’associazione IlTurco: saremmo ben felici di contribuire a restituire la memoria di questa grande figura».