Tassa di soggiorno a Ferrara, Pd: «Solo per aggiustare il bilancio»
Conforti (Pd): «L’aumento deve essere spostato di un anno»
Ferrara «Un’amministrazione che ha bisogno di far quadrare il bilancio mettendo balzelli sulla filiera turistica e facendo cassa sugli affitti delle botteghe storiche, che sono costrette a chiudere, è artefice di una gestione scellerata». Sara Conforti, consigliera comunale delegata alla cultura e al turismo della segreteria del Pd, boccia nel merito e nel metodo la decisione di aumentare di circa il 50% la tassa di soggiorno a partire dal primo aprile.
Gli operatori turistici sono stati colti di sorpresa.
«Non solo loro. Alla Commissione del 18 dicembre non se ne era fatta menzione, e chiaramente questa decisione non può essere maturata nelle prime due settimane di gennaio. Ma nella sede in cui era giusto parlarne, non se ne è parlato. Io l’ho appreso leggendo i giornali, Federalberghi e Asshotel a una riunione convocata a ridosso del fine settimana».
Anche la data del primo aprile ha lasciato sconcertati gli addetti del settore.
«Certo, proprio all’apertura della stagione con le prenotazioni già fissate da tempo, arrecando quindi anche un danno di reputazione. Agire in questo modo significa non capire come funziona la programmazione turistica, il che è già di per sé molto grave; si dovrebbe almeno rinviare l’aumento, come minimo a giugno, se non addirittura a gennaio del 2026».
La tassa di soggiorno dovrebbe essere reinvestita nella filiera turistica.
«E invece in questo caso non c’è chiarezza sullo scopo, anzi sarà impiegata per coprire i buchi del bilancio. È uno dei temi su cui si siamo battuti e continueremo a batterci in Consiglio: la gestione poco avveduta del bilancio con continui prelievi dal fondo riserva anche per gestire partite che con il fondo riserva non hanno nulla a che fare. Riuscire a essere in crisi in seguito ad anni contrassegnati da ricchezza di risorse, significa aver amministrato in modo molto poco accorto».
Gli albergatori lamentano di non essere stati coinvolti.
«Quando sono state istituite le commissioni avevo insistito per includere le associazioni di categoria in quelle del Turismo e del Commercio. Mi è stato risposto che non era necessario perché c’era un dialogo continuo con gli operatori, ma non è così; io con loro parlo spesso, e dal confronto emergono ragionamenti importanti. Al contrario l’amministrazione ha confermato la difficoltà a non capire come certe scelte possano impattare sul turismo, a capire l’effetto negativo che un rincaro del 53% dell’imposta di soggiorno possa avere su un settore che ha sì registrato una crescita, ma non così notevole come si vuol far credere. Il confronto tra il 2019 e il 2024 è completamente falsato, perché il calcolo delle presenze, basato appunto sulla tassa di soggiorno, nel 2019 non tiene conto delle notti successive alla quinta, il 2024 sì. Quindi la crescita sbandierata del 20% va decisamente ridimensionata».
C’è un problema di competitività con altre città d’arte.
«E i confronti vanno fatti con città di dimensioni analoghe, non ha senso ad esempio paragonarci a una città come Bologna che ha semmai un problema di overtourism. Ferrara al contrario deve cercare di tenersi strette le presenze e difendere quella piccola crescita che ha ottenuto, a maggior ragione adesso che de Pascale ha annunciato un lavoro importante sulle città d’arte, ed è un treno che dobbiamo essere in grado di agganciare. Il rincaro mal si concilia con l’obiettivo del mezzo milione di presenze turistiche. E non a caso la levata di scudi da parte delle associazioni di categoria è stata unanime, senza distinzioni di orientamento politico».
Un malumore che si aggiunge alle passate polemiche sulla concorrenza di certe manifestazioni all’economia locale.
«Qui bisogna fare un ragionamento ampio, partendo anche dalla tassa di soggiorno. La chiave di svolta era stata quella di destinarla a Ferrara Arte per organizzare mostre autoprodotte e dotate di appeal. Appeal che le mostre attuali stanno perdendo, e così pure i musei. A Ferrara politicamente si è puntato sull’eventistica a scapito dei punti di interesse stabili, ma su 300 eventi, solo dieci portano indotto turistico, gli altri nel migliore dei casi non hanno alcun effetto sui pernottamenti, nel peggiore hanno un effetto negativo su altre realtà. Non dico che non bisogna organizzare gli eventi, ma bisogna fare una valutazione sul loro ritorno turistico».