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Il processo

Ferrara, morte sul lavoro in Super, si attende la sentenza

Alessandra Mura
Ferrara, morte sul lavoro in Super, si attende la sentenza

Si avvia alla conclusione il processo per la morte sul lavoro di Augustine Aigbovo, che perse la vita mentre con altri quattro colleghi stava eseguendo il rifacimento della segnaletica sulla Superstrada Ferrara-Mare

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Ferrara Si avvia alla conclusione il processo per la morte sul lavoro di Augustine Aigbovo, 43 anni, che perse la vita il 23 settembre del 2020 mentre con altri quattro colleghi stava eseguendo il rifacimento della segnaletica stradale sulla Superstrada Ferrara-Mare, all’altezza di Cona.
L’uomo, padre di un bimbo piccolo, era originario del Gambia e viveva con la famiglia a Ozzano nell’Emilia. Rimase schiacciato tra il rimorchio con il cartello segnalatore del cantiere mobile e il furgone che lo trainava. A innescare la tragedia, il tamponamento del rimorchio da parte di una Panda, il cui conducente ha già patteggiato per omicidio stradale. A giudizio, con l’accusa di cooperazione in omicidio colposo, ci sono i datori di lavoro della vittima: Giovanni e Donato Papa della Sud Signal, la ditta che aveva avuto in appalto l’intervento da Anas, e Gabriele Pezzi, direttore tecnico della Cims, la ditta che aveva preso in carico i lavori e che poche settimane prima dell’infortunio mortale aveva assunto Aigbovo come operaio.

Proprio la difesa di Pezzi (avvocato Ermanno Cicognani), aveva chiesto un’integrazione probatoria sulla base di una circostanza emersa all’udienza precedente, ovvero il passaggio nell’area del cantiere di un sorvegliante Anas e le sue relative osservazioni sul posizionamento della cartellonistica e del segnali di pericolo, elementi attorno a cui ruota l’impianto accusatorio. La difesa in particolare ha prodotto i documenti relativi all’identificazione del sorvegliante da parte di Anas, e una relazione scritta dallo stesso sullo stato dei luoghi. Osservazioni che però, ha obiettato il pubblico ministero Andrea Maggioni, non solo risalivano a diverse ore prima della tragedia (alle 10 della mattina, mentre l’infortunio avvenne alle 17.45), ma riguardavano un punto distante 100 metri dal luogo dell’impatto. Osservazioni condivise anche dall’avvocato di parte civile Laguardia che assiste i familiari della vittima. Alla fine il giudice ha accolto solo la produzione della nuova documentazione, ma ha rigettato la richiesta di prolungare ancora il dibattimento per ascoltare la testimonianza del sorvegliante. Ieri si è dunque chiusa l’istruttoria di un processo che si trascina da quasi cinque anni «durante i quali – è l’appunto dell’avvocato di parte civile – i famigliari della vittima non hanno ricevuto alcun risarcimento da parte delle compagnie assicurative». La discussione, e forse anche la sentenza, sono previste a maggio.