Un centinaio al presidio Berco e oggi altre quattro ore di sciopero
I sindacati: «Noi disponibili a trattare, ma dall’azienda solo porte chiuse»
Copparo Delusi, e non poteva essere altrimenti. Rassegnati, mai. Il primo sciopero alla Berco dopo l’annuncio dei 247 licenziamenti ha dato forma ai timori e alla rabbia che scuotono i lavoratori della fabbrica copparese. Erano circa un centinaio ieri mattina davanti ai cancelli dello stabilimento per il presidio organizzato da sindacati e Rsu per tutta la giornata. Meno numerosi forse rispetto alle aspettative, ma decisi a non lasciare nulla di intentato per difendere il loro posto di lavoro. Per oggi sono state proclamate altre quattro ore di sciopero articolate sui tre turni, e si prevede che la mobilitazione proseguirà almeno fino all’incontro di giovedì al Ministero per le Imprese e il Made in Italy.
Nessuno sa dove andrà a incidere la mannaia sospesa su di loro e che, in mancanza di un accordo, si abbatterà fra 72 giorni, e tutti i dipendenti - gli 800 che si “salveranno” e i 247 esuberi - condividono la stessa situazione di incertezza sul futuro. «Siamo tornati al 17 ottobre, per la seconda volta l’azienda ha aperto la procedura di licenziamento collettivo e ha disdetto il contratto integrativo – interviene Igor Bergamini, Rsu Fiom – Un comportamento inaccettabile per i sindacati, visto che avevamo dato la nostra disponibilità a trovare soluzioni condivise, seppur difficili, perché avrebbero messo in discussione tante posizioni che negli anni erano state conquistate grazie alle lotte dei lavoratori. E ora l’azienda ci accusa di avere avuto un atteggiamento di chiusura, ma sono stati loro a non essere disponibili. Noi abbiamo dignità, i lavoratori hanno dignità, se c’è qualcuno che deve ragionare in modo diverso, è solo l’azienda».
Dopo l’uscita volontaria di 153 lavoratori che ha coinvolto soprattutto le generazioni opposte del personale (i più giovani con la speranza di tornare sul mercato e quelli più prossimi alla pensione) nel limbo è rimasta la fascia dei cinquantenni, e sono in molti a ritenere che l’azienda avrebbe dovuto concedere una finestra di tempo più prolungata per l’adesione agli esodi incentivati. Gli sguardi sono rivolti all’incontro di giovedì a Roma, al Mimit, che era già stato fissato prima che arrivasse il secondo terremoto. La fiducia sulla presenza dei vertici della multinazionale ThyssenKrupp, come richiesto dalla Regione con una lettera al ministro Urso, non è alta, ma si conta che al Tavolo venga a sedersi il board aziendale e che si possano trovare i margini per riaprire la contrattazione e arrivare a condizioni più favorevoli. La loro assenza, teme qualcuno, «sarebbe un casino».
Al presidio c’erano anche il segretario provinciale del Pd Nicola Minarelli, la consigliera regionale Marcella Zappaterra e la segretaria del Pd di Copparo Patrizia Bertelli «per sostenere la battaglia dei lavoratori. Un segnale forte di vicinanza e di impegno in difesa dei diritti dei lavoratori e della loro dignità. Il territorio ferrarese, che ha sempre sostenuto e contribuito alla crescita dell’azienda, merita rispetto e attenzione. Le istituzioni, le forze politiche e sociali devono essere unite in questa difficile battaglia. Il Pd di Ferrara è pronto a fare la propria parte». Solidarietà anche da Fratelli d’Italia attraverso il suo presidente Alessandro Balboni. FdI «segue con la massima attenzione l’evolversi della situazione, e il nostro Governo, fin dai primi momenti, è stato impegnato nella gestione della crisi. I, nostri parlamentari sono in costante contatto con il ministro Urso per monitorare da vicino la vicenda». E aggiunge Balboni: «L’importante è che ci sia coesione e unitarietà delle forze politiche perché in un momento così difficile è indispensabile un impegno univoco della politica. Occorre remare nella stessa direzione per tutelare un territorio che, purtroppo, da decenni è in sofferenza. Dobbiamo lavorare insieme affinché non si verifichi un’ulteriore desertificazione del nostro tessuto produttivo. Nostra priorità è la tutela dei lavoratori».