Ferrara, a 100 anni invitato a San Siro dall’Inter. Claudio: «Sogno di tutta una vita»
Roversi è stato contattato dall’Inter dopo un’intervista-confessione. Il viaggio e la giornata fuori casa un po’ lo spaventano, ma la tentazione è forte
Ferrara Claudio Roversi ferrarese doc, da grande sportivo e tifoso dell’Inter - ovviamente anche della Spal - ha sempre avuto un sogno, quello di andare a Milano proprio nello stadio di San Siro per vedere una partita della sua squadra del cuore. Non c’è mai riuscito ma inaspettatamente per una serie di eventi che recentemente lo hanno coinvolto, ecco arrivare proprio dall’Inter l’invito a presenziare ad una partita come ospite d’onore, addirittura con il viaggio compreso in quanto sarebbe la stessa società che verrebbe a Ferrata a prenderlo per portarlo a Milano. Roversi compirà il 12 luglio prossimo 101 anni e l’invito è arrivato dopo un’intervista su Libero: da allora il sogno è diventato una possibilità concreta, sulla quale ora l’ultracentenario sta riflettendo perché un po’ di paura ad affrontare un viaggio così ce l’ha: ma la voglia è tanta.
La vita di Claudio non è stata facile ed infatti oltre ad aver conosciuto la guerra, ha provato anche cosa significa povertà. Ha realizzato come carpentiere e capo cantiere la gradinata dello stadio Mazza, «così andavo anche a vedere qualche partita», e anche la Mutua di via Cassoli e le fondamenta del vecchio ospedale Sant’Anna. La moglie è morta due anni fa, aveva 92 anni, «ah Franca mi hai lasciato troppo presto» dice ancora oggi; è bisnonno di due bisnipoti che lo adorano. Tutt’oggi vive da solo, senza aiuti, perché dice che ha «abbastanza forza per fare tutto quello che serve in casa», anche se la figlia Marina va a pranzare con lui tutti i giorni. Passa le sue giornate con la tv accesa guardando lo sport e il liscio, «mi ricorda i bei tempi quando ballavo con la mia Franca». E per il compleanno dei 100 anni ha già avuto la “ribalta” mediatica quando l’assessore Cristina Coletti è andato a trovare lui e la famiglia a casa per consegnargli il riconoscimento del Comune. A Libero Roversi ha ricordato altri passaggi chiave della sua vita. È vissuto a Sabbioncello San Vittore dove il padre era l’uomo di fiducia della marchesa Ripa di Meana proprietaria di 70 ettari e dove anche Claudio inizia ben presto a lavorare all’aratro e con i trattori. A 18 anni militare a Vercelli, con la guerra in corso, decide di scappare assieme ad altri cinque «ma i tedeschi ci scoprono e sparano uccidendo uno di noi; ma riusciamo a sfuggire a piedi». Rientro avventuroso a Ferrara dove i carabinieri lo arrestano e lo portano a Firenze. Altro momento drammatico, quando una mattina i tedeschi lo prendono con altri prigionieri e lo portano al poligono dove ne fucilano due a caso – lui si salva – per vendicare la morte di un loro generale. Altra fuga verso Ancona e altra cattura, poi la terza fuga, quella buona, attraverso le montagne a Fossombrone (Pesaro) dove ospite di due famiglie di contadini, lavora la terra per contraccambiare fino a guerra finita quando sempre a piedi torna a casa da dove manca da tre anni senza aver mai dato notizie di sé e torna a lavorare nella tenuta della Marchesa. Poi l’impiego nell’industria della ricostruzione. Nel 1948 le nozze con Franca arrivando in chiesa in bicicletta dopo aver percorso 20 chilometri, senza viaggio di nozze; poi nascono due figli. E finalmente un lungo periodo di tranquillità fino al sogno San Siro.