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Il processo

Ferrara, costretta a fare sesso dall’ex fidanzato violento

Daniele Oppo
Ferrara, costretta a fare sesso dall’ex fidanzato violento

Il racconto in aula di una giovane: il rapporto tossico, le minacce e gli abusi. “Se non mi prestavo diventava aggressivo”

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Ferrara Ci sono i messaggi a corroborare l’accusa. Ieri davanti ai giudici il racconto della vittima, una ragazza dalla vita un po’ complicata e finita dentro una relazione molto tossica, con un uomo che la voleva tutta per sé, solo per sé.

Un rapporto improntato sul controllo che lui esercitava sulla fidanzata, insinuandosi nelle sue debolezze, nelle sue difficoltà relazionali, facendo leva sulla paura. Anche dopo che si erano lasciati. Fino a estorcerle, nell’autunno del 2021, a relazione finita, due rapporti sessuali da lei non voluti. Per questi episodi l’uomo, difeso dall’avvocata Federica Greco, è a processo. Da quanto emerso, l’imputato usava spesso lo strumento della minaccia per ottenere dalla ragazza ciò che voleva. Minacce di far del male a lei, a sua madre e al suo nuovo fidanzato. Quel che voleva era, alla fine, possederla. «Se non lo ospitavo per dormire o non mi prestavo ai rapporti sessuali diventava aggressivo», ha spiegato la ragazza, parte civile assistita dall’avvocata Sara Bruno. E non a caso il sesso, in quella relazione complicata e insalubre, era diventato anche uno strumento con il quale lei riusciva a “controllare” la violenza di lui: dargli quel che voleva per tenerlo buono, è il concetto. Il tutto con la presenza ingombrate della dipendenza dalla cocaina da parte del l’uomo, arrivato anche a minacciare il padre per avere da lui i soldi necessari.

La vittima, rispondendo alle domande della presidente del collegio, ha confessato anche di non aver avuto intenzione di denunciarlo e di essere stata “costretta” a farlo dalla sua psicologa. La professionista è una delle testimoni che verranno ascoltate nella prossima udienza, fissata per il 16 aprile, quando il tribunale ha chiesto di poter acquisire la trascrizione dei messaggi contenenti le minacce e la “prova” del rapporto malato data proprio dal tenore dei messaggi sia scritti che vocali mandati dall’uomo. Una trascrizione finora non effettuata dalla procura. Una mancanza sottolineata dal tribunale e dovuta probabilmente alla sorte non fortunatissimo del fascicolo, assegnato inizialmente a un magistrato poi trasferito e poi passato più volte di mano per la trattazione in giudizio.