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Giustizia e politica

Processo Cidas, l'intolleranza alle critiche e i perché della condanna all'ex assessore Nicola Lodi

Daniele Oppo
Processo Cidas, l'intolleranza alle critiche e i perché della condanna all'ex assessore Nicola Lodi

Le motivazioni del giudice: «La presenza di una ricorrente voce critica costituiva un problema per il proprio consenso sui social, così voleva silenziare Servelli»

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Ferrara «L’utilità conseguita da Nicola Lodi è stata quella di ottenere una ripercussione lavorativa sulla persona di Daniel Servelli che potesse “silenziare”, in special modo sui social network, il suo attivismo critico rivolto contro la figura del vicesindaco». Lo si legge nella trentesima delle trentatré pagine di motivazioni della decisione con la quale il giudice Andrea Migliorelli ha condannato con il rito abbreviato Nicola Lodi a due anni e dieci mesi di reclusione (oltre all’interdizione dai pubblici uffici per la stessa durata di tempo e all’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per un anno, senza sospensione condizionale) per il reato di induzione indebita, facendo scattare la “legge Severino” e la conseguente sospensione dalla carica di assessore del Comune di Ferrara, in seguito del tutto abbandonata con la presentazione delle dimissioni.

La vicenda, riassunta per sommi capi, è quella delle pressioni esercitate sul presidente della cooperativa Cidas Daniele Bertarelli (che, in veste di “indotto” sta affrontando un processo parallelo con la stessa accusa di Lodi) affinché punisse il dipendente Servelli, reo una volta di averlo offeso durante un incontro a Cona (dove Servelli lavora come portantino) ai tempi della pandemia e in occasione di una foto di gruppo, e una seconda volta di aver espresso su Facebook posizioni fortemente critiche nei confronti dell’allora vicesindaco. Pressioni basate sulla necessità di intervenire per mantenere buoni rapporti (e con la velata minaccia di rendere tutto pubblico sui giornali) che, nella lettura della procura e poi del giudice, sono state assecondante dal presidente di Cidas, prima con una misura disciplinare, per quanto più blanda di quella suggerita da Lodi, e poi con un colloquio personale per cercare di far desistere Servelli dalla sua attività di critica, per non creare problemi alla società nei rapporti con il Comune.

«Lodi – scrive il giudice – era all’epoca (siamo nel maggio 2020, ndr) un personaggio politico che utilizzava molto le piattaforme social per comunicare con i propri sostenitori, sicché la presenza di una ricorrente voce critica, a maggior ragione se dai toni risoluti e talvolta grossolani, costituiva un problema per l’immagine del proprio consenso nel terreno a lui più congegnale, vale a dire quello dei social network». Proprio questa è, per il giudice, «l’indebita utilità di cui Lodi ottiene la promessa e la successiva realizzazione, vale a dire nel limitare la libertà di critica politica di un privato cittadino che sui social network lo contrastava apertamente». Con le sue email a Bertarelli (e chiamate), l’allora vicesindaco ha «richiesto e ottenuto» dal presidente della coop «una pressione morale strumentalmente esercitata su Servelli facendo leva sul proprio rapporto di lavoro. Egli persegue un risultato, non gli importa il modo in cui viene raggiunto».

Il giudice specifica che l’indebito comportamento dell’amministratore pubblico si sia concretizzato non già nel chiedere una sanzione disciplinare (cosa ritenuta tutto sommato lecita, almeno per l’episodio delle offese a Cona, quando Servelli disse non volere fare una foto «con quell’idiota lì»), bensì «in una condotta nel complesso volta a limitare la libertà di Servelli di esprimere il proprio pensiero, non limitatamente al contesto lavorativo, ma anche al di fuori di esso». La controprova, per il giudice, è data dal fatto che di fronte alle critiche social Lodi abbia chiesto provvedimenti a Bertarelli, ma non abbia denunciato il dipendente per diffamazione di fronte a critiche che, per quanto espresse in modo rozzo, non hanno sconfinato nel campo dell’illecito.

Il giudice è molto esplicito nell’inquadrare il senso della condotta dell’ex vicesindaco: «Quella di Lodi diviene (...) una richiesta dettata dalla sua intolleranza alle critiche».Il tutto facendo leva sui rapporti istituzionali tra Comune e cooperativa, con una «velata prospettazione del venir meno del rapporto di fiducia tra l’amministrazione e l’azienda che non ha alcun appiglio con il fatto concreto». E in questo Bertarelli ha “ceduto” alle pressioni, richiamando, sopratutto per quanto riguarda le critiche sui social, il dipendente e chiedendogli di astenersi dal commento politico, facendo ricadere su lui le buone sorti di una cooperativa da 1.500 dipendenti e per la quale i rapporti con il Comune di Ferrara varrebbero solo il 3% del fatturato (calcolati dall’accusa in circa 1,6 milioni di euro). Alludendo inoltre, al fatto che nella coop lavorando anche il fratello e la madre: «L’allusione non è casuale – rileva il giudice – perché del tutto estranea al perimetro della conversazione» con Servelli. Che, nel frattempo, si stava cautelando, registrando tutto con il telefonino.