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Il caso

Stadio di Ferrara, forse difetti di costruzione. Per il giudice nessuna frode

Daniele Oppo
Stadio di Ferrara, forse difetti di costruzione. Per il giudice nessuna frode

Le motivazioni delle assoluzioni nel processo sui lavori del 2018

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Ferrara Che la Procura di Ferrara faccia appello è cosa abbastanza scontata, soprattutto dopo lo sforzo fatto tra indagini, e due sequestri clamorosi nel 2019 e nel 2021, e processo e la convinzione che troppe anomalie vi siano state, e perfino dei pericoli, e con essi delle responsabilità. Intanto ci sono le motivazioni con le quali il giudice Marco Peraro ha assolto completamente da ogni accusa tutti gli imputati del processo sui lavori di riqualificazione dello stadio Paolo Mazza, adeguato per il sogno della Serie A nel 2018. E sono motivazioni che, in 33 pagine, da un lato fanno trasparire l’alto tasso tecnico della questione (non solo dal punto di vista ingegneristico), dall’altro la risolvono in maniera molto netta, ritenendo che i fatti-reato oggetto dell’imputazione non esistano, non siano stati in alcun modo provati, o al più non costituiscano reato.

E così, per il giudice è insussistente l’accusa mossa all’appaltatore Giuseppe Tassi (Tassi Group), al progettista e direttore dei lavori Lorenzo Travagli e ai subappaltatori Domenico Di Puorto (Gielle Srl) e Adelino Sebastianutti (Pm Group) di frode in pubbliche forniture, che sarebbe consistita nell’aver realizzato male la copertura della tribuna nord e la curva Est, perfino incidendo sulla stabilità della struttura pur di finire presto i lavori vista l’imminenza della nuova stagione calcistica. Mancava, osserva il giudice, il requisito dell’aver agito con espedienti maliziosi e ingannevoli, non indicati nemmeno nel capo d’accusa. Nemmeno l’accordo tra gli imputati per l’inganno è stato provato. E poi, il processo «da un lato non ha confermato la sussistenza di tutte le “anomalie e difformità tecniche”, e dall’altro ne ha evidenziato la non particolare rilevanza ai fini della sicurezza della struttura». Insomma, si è trattato «al più di una esecuzione parzialmente difettosa (...) delle lavorazioni svolte». Cosa che ha condotto anche all’assoluzione dall’accusa di falso per il collaudatore della Curva Est Fabrizio Chiogna in merito alle (presunte) mancate saldature tra alcuni elementi diagonali della struttura. In ogni caso, non aveva nemmeno il dovere di effettuare un controllo di quel tipo. Anche la Procura ne aveva chiesto l’assoluzione.

Il giudice sposa la tesi della pm Barbara Cavallo sul fatto che l’appalto fosse da far rientrare nell’ambito pubblicistico, essendo lo stadio di proprietà del Comune e solo affidato alla Spal. Ma ritiene che non vi sia stata nemmeno un meno grave inadempimento nel contratto di pubbliche forniture, perché «è necessario che tale inadempimento sia significativo», mentre al Mazza si è trattato di «vizi costruttivi che sono stati risolti con interventi limitati e localizzati (benché molto onerosi) che non hanno compromesso di utilizzare lo stadio».

Travagli era accusato di falso per due relazioni di fine lavori che sarebbero state rilasciate nonostante fosse consapevole dei vizi della struttura. Per il giudice non c’è alcuna prova di ciò.

«Il giudice ha riconosciuto la bontà sia della progettazione che della realizzazione dei lavori e questo ripaga l’ingegner Travagli di tutti questi anni in cui ha dovuto patire, pur confidando nell’assoluzione. Ha avuto giustizia», commenta il suo legale, l’avvocato Alberto Bova. Per il collega Vincenzo Bellitti, il suo assistito, l’ingegner Chiogna, «ne esce a testa alta. E doveva uscire dal processo fin dall’udienza preliminare». 


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