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Il processo

Crac dell’impero Mascellani, chiesti 9 anni per l’imprenditore ferrarese

Daniele Oppo
Crac dell’impero Mascellani, chiesti 9 anni per l’imprenditore ferrarese

La requisitoria del pm Longhi: «Agì con dolo particolarmente intenso». Nel complesso, il crac delle aziende ammonta a 30 milioni di euro

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Ferrara Ormai sono passati più di dieci anni dai fallimenti principali. Circa venti dalle condotte contestate. Nove, invece, sono gli anni di reclusione che il pubblico ministero Stefano Longhi ha chiesto ieri mattina per Roberto Mascellani, imputato per le bancarotte delle società da lui create e amministrate: Magazzini Darsena, Partxco (ex Sinteco) e delle più piccole Cir Costruzioni e Sinteco Real Estate.

Un crac da circa 30 milioni di euro nel complesso, 21 dei quali solo per la Magazzini Darsena, la società fondata per la creazione del complesso immobiliare Darsena City, forse l’ultimo intervento urbanistico “additivo” che ha interessato la skyline ferrarese e dunque, a suo modo, un pezzo di storia urbanistica della città. Un crac, nella lettura degli eventi effettuata dalla Procura, in cui la crisi economica del 2008 «è il contesto», ma che è dipeso da attività scientemente messe in atto dall’imprenditore, che hanno impoverito le società e lasciato appesi i tanti creditori. Effettuate, almeno in parte, allo scopo di trarre un sostanzioso arricchimento personale, tramite operazioni gestite con la schermature di società fiduciarie estere, l’invio di denari in “paradisi fiscali” e il loro rientro in Italia con lo scudo fiscale. Quindici milioni di euro in tutto, ha contato il pm, dei quali «neppure un euro è stato utilizzato per supportare le casse delle società già in conclamato dissesto».

Per il pm, nell’arco di circa dieci anni, Mascellani ha posto in essere «condotte estremamente artificiose che hanno necessitato di indagini lunghe» per poter essere ricostruite. Tutto ciò con un «dolo particolarmente intenso». Anche per questo ha chiesto che le attenuanti generiche non prevalgano sulle aggravanti e che, dunque, non portino a sconti di pena. La Procura chiede inoltre che il sequestro preventivo di circa 4 milioni effettuato anni fa sulle disponibilità dell’imputato venga trasformato in un sequestro conservativo a favore dei creditori, oppure che quei soldi e obbligazioni vengano confiscati.

Il processo ruota attorno a una lunga e complicata serie di operazioni infrasocietarie effettuate all’interno dell’impero Mascellani soprattutto con l’uso della Magazzini Darsena, che negli anni, secondo la ricostruzione di Procura, Guardia di Finanza e anche del curatore fallimentare, ha erogato tanti finanziamenti per varie operazioni, solo parzialmente restituiti e, soprattutto, andando ben al di là delle proprie capacità di produrre il denaro necessario. Il tutto senza ottenere dei vantaggi in queste operazioni, anzi, finendo appunto con un buco che sfiora i 21 milioni di euro.
È in questo contesto che risalta, ad esempio, l’operazione sulle azioni della Carife, forse la più emblematica e anche la più interessante dal punto di vista “storico” cittadino. Nel settembre del 2006 la Magazzini aveva erogato un finanziamento da 6 milioni di euro a un’altra società dell’impero, la Sinteco Real Estate, in modo che questa potesse acquistare un pacchetto di azioni Carife messe in vendita dallo stesso Mascellani. Tre mesi dopo la Sinteco Re aveva rivenduto le azioni e in questo ambito 5 milioni di euro erano transitati non verso la Magazzini, a restituire il prestito, ma, con l’intervento della Gabriel Fiduciaria Srl (controllata da Mascellani) su un conto svizzero intestato a una società lussemburghese, la Corali Holding (sempre riferibile a Mascellani).

Un altro grosso finanziamento infragruppo è quello che Magazzini aveva erogato alla Sinteco Re, la quale poi l’aveva girato alla controllante Partxco, che con quei denari aveva saldato un debito proprio con la Magazzini. Altri 7,3 milioni di euro, sarebbero invece stati usati per compensare debiti con altre due società del gruppo, frutto però, secondo l’accusa, di false fatture come giustificazione dell’operazione. Operazioni analoghe hanno poi portato, sempre per l’accusa, allo svuotamento di Partxco e poi di Cir e Sinteco Re.

Chiesta l’assoluzione, invece, dall’accusa di aver distratto circa 162mila euro alle società in liquidazione tramite delle fatture per compensi professionali, che sono state ritenute corrette. Il 7 maggio parole alle difese. Quella dell’imprenditore, sostenuta dall’avvocato Gian Luigi Pieraccini, si promette agguerrita.