Il padre detenuto "deve stare con i figli". La conquista dei diritti dei genitori in carcere parte da Ferrara
Una recente sentenza della Corte Costituzionale “originata” all’Arginone. Una previsione dell'ordinamento penitenziario ledeva il diritto dei minori
Ferrara Ha in parte a che vedere con Ferrara una delle ultime sentenze della Corte Costituzionale che riguarda i diritti dei genitori in stato di detenzione, in relazione alla possibilità di accudire i propri figli.
La decisione, infatti, arriva dopo che il Tribunale di sorveglianza di Bologna aveva promosso un giudizio di legittimità costituzionale di una norma dell’ordinamento penitenziario dopo che un detenuto, noto per una lunga serie di truffe online con vittime anche ferraresi, ristretto al tempo nel carcere di Ferrara, aveva chiesto di essere ammesso al regime di detenzione domiciliare speciale per poter accudire i due figli minorenni. Lo stesso giudizio era stato promosso, su un diverso caso, anche dal Tribunale di Venezia. A trovare accoglimento è stata la richiesta – peraltro proposta solo in via subordinata – dal giudice felsineo.
«La norma esaminata dalla Corte – spiega un comunicato che accompagna la sentenza – consente di disporre la detenzione domiciliare della madre condannata anche quando i figli siano affidati al padre. Invece, il padre che sia stato condannato può essere ammesso alla detenzione domiciliare soltanto ove risulti che la madre sia morta o comunque sia impossibilitata a prendersi cura dei figli, e non vi sia modo di affidarli a persona diversa dal padre». La Corte, con la sentenza numero 52/2025, pubblicata solo pochi giorni fa, ha ritenuto che è costituzionalmente illegittimo il divieto di concedere al padre la detenzione domiciliare quando la madre sia deceduta o impossibilitata a occuparsi dei figli, ma questi possano essere affidati a terze persone.
Era proprio il caso del detenuto all’Arginone, i cui figli erano stati affidati alla loro sorella maggiore. Quella disposizione di legge, secondo i giudici costituzionali, lede gli interessi preminenti del minore, impedendogli di fruire della relazione continuativa con almeno uno dei genitori, che in linea di principio deve essere loro assicurata. Tutto ciò sempre valutando la pericolosità sociale del genitore detenuto, quindi la possibilità che possa fuggire o compiere altri reati una volta ucito dal carcere, e valutando costantemente, tramite i servizi sociali, l’adeguatezza delle cure prestate. Insomma la richiesta non deve essere un escamotage tramite il quale si “sfruttano” i figli minori per poter uscire dal carcere.
Non viola, invece, i principi costituzionali il diverso trattamento, stabilito dall’ordinamento penitenziario, per la donna e l’uomo condannati che abbiano figli di età non superiore a dieci anni ovvero gravemente disabili. In questo caso è rimessa alle discrezionalità del legislatore una valutazione di maggiore equiparazione.
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