La Nuova Ferrara

Il caso

Spilamberto, il datore di lavoro la salva dalle violenze del marito

Daniele Montanari
Spilamberto, il datore di lavoro la salva dalle violenze del marito

Dopo lo stupro subito lui l’ha fatta fuggire. Per il marito chiesti dodici anni di carcere

19 marzo 2024
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Spilamberto Salvata dalle violenze del marito, recidivo, grazie al datore di lavoro, che le ha permesso di fuggire lontano.

È una storia tremenda quella accaduta, secondo la ricostruzione dell’accusa, a Spilamberto, all’interno di una coppia. Lui, il marito, un 39enne tunisino. Lei una 24enne, connazionale. È successo nell’ottobre 2022, quando l’uomo era da poco uscito dal carcere dopo aver scontato una pena di quattro anni per una violenza sessuale su un minore di 10 anni nel 2008.

L’INCUBO

Per alcuni mesi era sembrato recuperato, tanto che è stato visto in giro con la moglie e loro figlio di 4 anni in un clima apparentemente sereno. Ma si nascondevano problemi, anche di natura culturale. Secondo l’accusa, lui mal tollerava l’indipendenza economica che si era ricavata la moglie, mentre lui era in carcere, andando a lavorare per mantenere il loro bimbo. Anche se conveniva anche a lui, che tornato a casa ha cominciato a chiederle continuamente soldi. Lei per un po’ glieli ha dati, poi ha detto basta. E qui lui ha cominciato ad essere sempre più aggressivo, fino all’episodio choc.

Era la notte tra il 15 e il 16 ottobre 2022. Lei ha riferito che lui l’ha ripetutamente violentata nella loro camera da letto costringendola a subire rapporti che non voleva con un uso sconvolgente della forza: le avrebbe tirato schiaffi, tappato la bocca, strappato dei capelli, l’avrebbe graffiata e tentata di strangolare. Il tutto davanti al loro bimbo, che dormiva nella stessa camera.

«IN OSTAGGIO»

La ragazza per qualche giorno ha continuato ad andare al lavoro come se niente fosse, ma poi non ce l’ha fatta più e ha confidato al suo datore di lavoro il perché di quel suo malessere. Lui l’ha convinta a denunciare, ma lei non poteva farlo perché non aveva i documenti: li teneva “in ostaggio” il marito, per privarla della sua indipendenza.

LO STRATAGEMMA

Allora lui ha inventato uno stratagemma: che la moglie doveva sottoscrivere un finanziamento e che quindi il marito doveva darle i documenti. Appena avuti in mano carta d’identità e passaporto, lei ha preso il bimbo ed è scappata a Padova, dove il suo datore di lavoro le aveva preparato un posto in un’altra sua azienda e una casa dove stare per qualche tempo. Lì è andata in Pronto soccorso a farsi refertare, e poi dai carabinieri a fare denuncia. Il marito è stato tratto in arresto. Si è fatto un altro anno di carcere al Sant’Anna e da qualche mese è ai domiciliari, con braccialetto elettronico.

CHIESTI 12 ANNI

Ieri davanti i giudici del collegio (Roberto Mazza, Chiara Mutti e Natalina Pischedda) il pm Ilaria Corbelli ha chiesto una condanna a 12 anni per l’uomo, considerate le aggravanti della recidiva e del fatto compiuto sotto gli occhi di loro figlio. Alla richiesta si è associato l’avvocato Katia Graziani (di Bologna), parte civile per la 24enne. Flavia Sandoni, l’avvocato del 39enne, ha invece chiesto l’assoluzione sollevando dubbi sulla veridicità del racconto della donna. La sentenza è attesa per il 25 marzo. 

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