Venduta Twinset, la maison di moda di Carpi: chi sono i nuovi proprietari e la richiesta dei sindacati
L'azienda è stata ceduta dal fondo americano Carlyle al tandem composto da Gruppo Borletti e fondo Quadrivio. Roberto Giardello (Femca Cisl Emilia Centrale): «Seguiamo il processo con attenzione, si tratta di un marchio importante e bisogna garantire continuità ai lavoratori»
CARPI. «Ora è ufficiale: la Twinset di Carpi passerà di mano, la notizia ai lavoratori è stata data pochi giorni fa. Si conclude, quindi, l’operazione di cessione avviata dal fondo americano Carlyle, che porta Twinset, una delle top tre aziende tessili del distretto, con 300 dipendenti a Carpi e altre 500 persone nella rete del retail, nelle mani del tandem Gruppo Borletti-fondo Quadrivio, specializzato in investimenti sulla moda». Così Roberto Giardiello, carpigiano e sindacalista della Femca Cisl Emilia Centrale, esperto del comparto tessile, chiude il cerchio su un’operazione ventilata da mesi.
Il commento della Femca Cisl
«Twinset ha venduto dopo un 2024 che l’ha riportata ai livelli di fatturato pre-Covid, sopra i 200 milioni. Chi arriva è un soggetto con grande esperienza nel settore moda. Proprio per questo la fase in corso va seguita con grande attenzione: perché bisogna garantire al personale il massimo della continuità e perché parliamo di uno dei marchi più rilevanti della moda italiana, dalle cui scelte dipende una filiera. L’azienda ci ha garantito la massima disponibilità al confronto e in questo senso stiamo procedendo», prosegue Giardiello.
L’analisi di una lavoratrice
Cosa significa davvero lavorare in questo settore? Lo abbiamo chiesto ad una veterana, Mirella Camarda, 34 anni di lavoro nel tessile, gli ultimi 14 in Twinset. Nella maison di Carpi, Mirella si occupa di anagrafica degli articoli ed è una delegata Femca Cisl Emilia Centrale. «Nel distretto di Carpi tra le grandi aziende siamo rimasti noi di Twinset, Liu Jo e Gaudi, tutto il resto ha chiuso o sta chiudendo. Ci chiedono come facciamo a restare in piedi ed è in quel momento che mi rendo conto di essere fortunata: nonostante la crisi che picchia duro, Twinset ha sempre salvaguardato il rapporto coi lavoratori, pagando con puntualità gli stipendi, il welfare aziendale e, in generale, cementando un buon gruppo. E’ chiaro che ora si apre una storia nuova e questo ci spaventa. Tutti noi siamo abituati a gestire i cambiamenti, se lavori in questo settore sai che non potrai mai dormire sugli allori. Quello che chiediamo è che la nuova proprietà mantenga gli standard di qualità del lavoro che fino ad oggi hanno permesso a Twinset di restare in piedi».
Contrastare gli acquisti online
Restare in piedi per Mirella significa affrontare «i nemici mortali del nostro tessile, a cominciare dagli acquisti online. Dalla pandemia in poi la gente fa fatica a comprare nei negozi e, complice una ristrettezza economica pesante, ad un tessuto di qualità preferisce merce più economica presa su Shein e Temu. Tutti i brand che hanno una rete retail come il nostro sono in apnea e servirebbero investimenti in visibilità, product placement e lotta alla contraffazione. Ma, signori, il comparto sta soffrendo e le mazzate sono continue. A cominciare dall’impennata dei costi delle materie prime, difficilissima da combattere salvaguardando la qualità del prodotto. Questa è stata una delle sfide più importanti che tutti insieme abbiamo condotto in Twinset negli ultimi anni». Dire moda italiana e carpigiana significa parlare di mercati internazionali. Lo sa bene Mirella che conosce il rallentamento dell’export di tutto il comparto e ora teme i dazi di Trump. «Sono preoccupata, è in corso un cambiamento strutturale che sta lasciando macerie tutto intorno a noi. Firmerei oggi per proseguire l’esperienza di grande qualità che abbiamo conosciuto fino ad ora in Twinset».
Il significato della cessione
Ma cosa insegna la cessione del brand? «Il caso Twinset ci permette di leggere i due destini della filiera del tessile. I grandi gruppi sono in una transizione e stanno cercando di fare massa critica per sostenere la crescita – prosegue Giardiello –. Il microcosmo artigianale, invece, è l’attore più indifeso tra i movimenti dei giganti. Questa cessione dimostra ancora una volta che, per superare la grande notte del tessile, bisogna mettere nuova benzina negli ammortizzatori per affrontare l’immediato ma occorre anche una visione di Made In Italy a più lungo termine. Come? Rafforzando il sistema dei tavoli della moda e riattivando con decisione il tavolo sul distretto tessile di Carpi, che col tempo si è andato spegnendo».