Dopo un anno di carcere i rapinati lo scagionano
Assolto un 24enne con formula piena per non aver commesso il fatto
Reggio Emilia Coinvolto nel tentato omicidio – con tanto di accoltellamento – tra due fazioni di gambiani e nigeriani alle ex Reggiane, ha trascorso due anni in carcere prima di essere assolto. In seguito accusato di tre rapine fotocopia, ha passato un altro anno in carcere: e ieri Ismail Conteh, 24enne gambiano, richiedente asilo, è stato assolto con formula piena (per non aver commesso il fatto) e liberato, a sorpresa, perché due dei tre rapinati (che lo avevano riconosciuto nella foto segnaletica) in sua presenza lo hanno scagionato: «Non è lui».
Conteh è stato ritenuto dalla questura uno dei rapinatori seriali che hanno terrorizzato l’area delle ex Reggiane nell’estate precedente lo sgombero, aggredendo e rapinando i passanti per miseri bottini. Il 24enne è finito dietro le sbarre un anno fa con l’accusa di rapina aggravata (da violenza e minacce), in concorso con altri, per tre colpi fotocopia: il primo il 20 luglio 2021, quando uno straniero era stato attorniato da due individui, strattonato e gettato a terra per un cellulare e 200 euro; il secondo il 13 giugno 2021, quando un nigeriano in bicicletta era stato fermato da tre sconosciuti per il telefonino e 200 euro; il terzo l’11 giugno 2021, quando con la scusa di chiedere l’elemosina quattro individui avevano fatto cadere un italiano per sottrarre 120 euro.
Ieri, in apertura di udienza davanti al collegio giudicante (presidente Cristina Beretti, a latere Giovanni Ghini e Michela Caputo), il 24enne ha rilasciato spontanee dichiarazioni. «Non c’entro nulla con quella rapina, chi mi accusa è un nigeriano che conosco – ha detto – È una vendetta dei suoi fratelli, che mi hanno avvicinato appena uscito dal carcere: “Ti ricordi quello che hai fatto?”». Il pm onorario, sottolineando che una sola parte offesa ha confermato il riconoscimento, ha chiesto una condanna a cinque anni e 1.200 euro di multa. L’avvocato difensore Franco Beretti ha sostenuto che il suo cliente – pur appartenendo a un contesto degradato di assuntori di crac – andava assolto perché incensurato e perché non esistono altri riscontri oltre alla parola di un solo rapinato. I giudici hanno sposato questa tesi e il richiedente asilo ha potuto andarsene dopo un «grazie».