Marino, niente terra promessa
Pasquale Marino ha smarrito la via verso la terra promessa. Quella della verticalizzazione. Del gioco. Dell’avanti senza paura e non dei passaggi all’indietro con cui era stata etichettata e liquidata la parte finale dell’esperienza spallina di Leonardo Semplici. E per un intero girone, questo cammino verso un approdo gaudente (dopo un finale deprimente della scorsa annata) sembrava possibile. S’è visto. Ci si è divertiti. Prima ancora che i risultati, peraltro timbrati da una classifica brillante, è stato lo spirito che conquistava. Manovra arieggiata, sbocchi sulle fasce. Laterali di corsa, centrali difensivi a murare tutto, centrocampo tecnico e di personalità. Un’orchestra direbbe Mastro Sacchi.
Poi, l’eclissi. Di tutto un po’ rientra nel calderone e non ogni responsabilità va attribuita al tecnico esonerato ieri. Per esempio: se hai problemi in attacco e ti ingaggiano due giocatori che sono fermi da “secoli” (Asencio e Tumminello) non puoi dire che ti sei rinforzato. Se lasci nelle retrovie tanti infortunati è anche colpa di un mondo pallonaro che ormai fa a pugni con la logica: si giochi, sempre. Ci si alleni, mai. Qualità della partita e salute degli interpreti finiscono sommersi dalle onde.
Però, dopo il tracollo di Pisa, non è più solo questo. Perché comunque la società ha resistito a qualche tentazione nella sessione invernale, volendo mantenere un equilibrio tecnico dinnanzi a grandi ambasce finanziarie. E perché le assenze fanno parte del bagaglio di ogni formazione cadetta.
L’enigma vero è capire come mai la Spal s’è persa. Come mai Vicari diventa ondivago, alternando prestazioni concentrate ad altre in cui arretra e gira le spalle all’attaccante mentre tira. Invece di contrastarlo. Come mai Tomovic ha perso la ferocia di inizio stagione. E come mai certi calciatori hanno storto il naso quando hanno capito che in A non avevano mercato per poi scomparire anche dai radar della B. Murgia mai s’è visto, Di Francesco incide poco e niente, Missiroli è sovrastato atleticamente...
In tutto questo, Marino - il condottiero che avrebbe dovuto garantire esperienza di navigazione in questi mari mossi - ha perso un po’ la bussola. Non ha inciso. Cambi modulo, aggiustamenti. Epperò ultimamente ha colpito un aspetto: la sua Spal non mordeva più. Sempre in ritardo sulle seconde palle, volti molli. Corse a vuoto. Soprattutto, un terribile scadimento della qualità tecnica. Controlli, appoggi, lanci... una marea di errori. Niente attacchi alla profondità, l’incapacità di costruire un minimo di manovra. Può essere che in rosa ci siano punte poco competitive, ma se non le servi mai in modo decente segnare va oltre il miracolo. —
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