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Morto Hiroshi Shirai, Ferrara ricorda il maestro giapponese

Morto Hiroshi Shirai, Ferrara ricorda il maestro giapponese

Insegnò karate per quarant’anni. Achilli: «Si allenava tutte le mattine»

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Ferrara Un lutto di dimensioni mondiali, ma che riguarda da vicino anche la nostra città. Mercoledì «si è spento il faro del karate tradizionale. Sensei Hiroshi Shirai ha raggiunto i suoi grandi predecessori, nella sua casa di Milano, assistito dalla famiglia. Nato a Nagasaki 87 anni fa, il maestro Shirai ha speso la sua vita per la diffusione del karate in Italia e nel mondo. Un lungo viaggio sulle orme dei grandi maestri che, prima di lui, hanno portato “la via della mano vuota” in ogni dove. Una missione, quella di Sensei Shirai, acclamata dai praticanti che, milioni sommati fra di loro, lo hanno conosciuto, visto e ammirato nel suo lungo cammino di insegnamento. Le sue lezioni erano perle rare, snocciolate con una maestria ineguagliabile. Tutti rimanevano ammirati nelle sue dimostrazioni fatte di tecnica, ma anche di amore per il karate, quel karate che lo ha accompagnato fino al suo ultimo viaggio. Tutti gli allievi, i tecnici, i dirigenti della Fikta e dell’Istituto Shotokan Italia – Ente Morale e dell’Isi asd piangono il loro “padre”».

IL CORDOGLIO

Questo l’annuncio di Fikta-Isi, che arriva a Ferrara e lascia un dispiacere profondo nei tanti adepti del karate tradizionale. Su tutti Gabriele Achilli, presidente Fikta cintura nera 6º dan da 37 anni, già vicepresidente federale europeo per più di 20 anni, che abbiamo contattato per un ricordo del maestro. «Shiray per 40 anni è venuto a Ferrara – ricorda Achilli – a fare stage interregionali prima in palestra da me, al Furinkazan, poi era diventata troppo piccola e siamo andati al palapalestre di via Tumiati: ogni volta veniva no centinaia di persone. Inoltre, qui a Ferrara abbiamo organizzato 9 Trofei Topolino, mondiali ed europei e il maestro spesso era presente, ai Topolino poi... Ma veniva anche per gare minori, come il Trofeo delle Regioni. Il maestro, al di là della sua presenza carismatica, era particolarmente contornato da tante persone quando faceva corsi tecnici: è sempre stato di livello mondiale e che il mondo ci invidiava. Il suo era il vero karate tradizionale, tutti i maggiori maestri venivano da lui e facevano summit sulle problematiche mondiali: qualche anno fa a Salsomaggiore invitato il maestro Seiji Nishimura, il più medagliato dei maestri giapponesi, e ha detto: “Maestro Shirai, vieni in Giappone, perché quello che fai qui non lo facciamo più, sei l’unico a fare il vero karate tradizionale”. Per noi era un fiore all’occhiello, ci rendeva molto orgogliosi».

SALUTE

Una sorta di mito che nasceva da una disciplina rigidissima: «Lui – racconta ancora Achilli – tutti i giorni alle 5/5.30 si alzava e faceva allenamento. E studiava tutti i kata: da mani nude, al coltello, alla pistola a quello che è, tutte le varie tecniche di applicazione della difesa personale vengono da lì e lui è stato un grande precursore e ha codificato tutto questo, con una scuola che è andata avanti per decenni. Era una persona integerrima, di una grande onestà, duro con sé stesso e con gli altri, un carattere fortissimo, eccezionale, con una grande memoria, un ottimo politico, votato al dovere, alle regole, e alla cura della persona». Tanti gli insegnamenti, Achilli ne ricorda alcuni: «Mai sottovalutare chi hai davanti, guardalo sempre negli occhi, da cui percepire anche quello che vuole nasconderti, e mai fidarti di nessuno. E poi la puntualità: era sempre, abbondantemente in anticipo. Poi, era sempre disponibile, molto chiaro nelle spiegazioni, nell’insegnamento aveva una didattica speciale. Aveva una memoria impressionante, ricordava particolari di gare, valutazioni, magari di 15 anni prima, il nome dell’arbitro. Insomma, era una persona eccezionale. Purtroppo ha avuto problemi di salute. Aveva delle mani che parevano palanchini d’acciaio: tirava 54 pugni, 72 calci, la somma doveva essere sempre 9, perché per loro il 9 è un numero magico».

DOLORE

Ancora, un’altra curiosità: «Quando faceva il makiwara (rappresenta l'essenza della tradizione delle arti marziali. Progettato per essere fissato al muro, il makiwara offre una soluzione stabile e funzionale per la pratica di pugni e colpi), il primo pungo faceva “toc” e l’ultimo emetteva un suono identico, e li portava con una velocità d’esecuzione spaventosa, un’esplosività inarrivabile, frutto del suo allenamento continuo. Si allenava e poi scriveva, costruendo in progressione la sua cultura e la sua tecnica». Il dispiacere di Achilli è profondo e sincero: «È una grande perdita, di queste persone ce ne sono poche al mondo: per il karate, lo sport, l’Italia. Con lui sono stato in 27 Nazioni, con dirigenti mondiali, europei, locali... Tutti mi hanno sempre chiesto di avere il maestro Shirai». I funerali oggi alle 14.45 a Milano.