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L’intervista

Giorgio Gambin, tra Legnago e Spal: «Tanto affetto ma poche gioie»

Alessio Duatti
Giorgio Gambin, tra Legnago e Spal: «Tanto affetto ma poche gioie»

Era tra i talenti più apprezzati da Fabbri: «Mi ha sopportato, lo ringrazio. Ormai non vado più allo stadio, peccato per Ferrara che merita di più»

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Ferrara Giorgio Gambin sorseggia un bollente caffè in centro a Ferrara, indossando i panni del doppio ex proprio a poche ore dalla trasferta che vedrà i biancazzurri impegnati in provincia di Verona. Il filo che unisce l’ex attaccante (classe 1948), il Legnago e la Spal è uno di quelli direttissimi. «Da oltre vent’anni mi sono stabilito a Santa Maria Maddalena dove faccio la vita del pensionato assieme a mia moglie e agli amici, ma la mia storia calcistica nacque proprio a Legnago, esattamente a 13 chilometri dal mio paese, Merlara».

Ci ricorda i suoi inizi negli anni Sessanta? «Andai nel vivaio del Legnago, che si chiamava Isothermo per una questione di sponsor, all’età di 14 anni. Mi misi in mostra in una squadra fatta tutta di giovani e assieme a Gildo Rizzato venimmo chiamati da Paolo Mazza per sostenere un provino. Ricordo ancora, era un giovedì pomeriggio e devo dire che andò molto bene. Assieme a noi c’era anche Paolino Stanzial che veniva dal Villafranca».

Alla Spal rimase tra il 1966 e il 1974, ma con diversi prestiti esterni a Empoli, Siena, Giulianova e Bellaria. «Sì, furono anni di porte girevoli. Altrove facevo davvero bene, poi tornavo a Ferrara e non riuscivo a esprimere del tutto il mio potenziale. Non so il perché. Sta di fatto che Mazza alla fine decise di vendermi al Brindisi e da lì in poi feci la mia strada con 15-16 anni sempre a buoni livelli».

Gambin, però, è stato uno dei grandi pupilli di Gibì Fabbri. «È vero, l’ho avuto per cinque anni tra Spal e Piacenza. Nei biancorossi vincemmo assieme un campionato. Ero un ragazzo molto vispo, fu bravo a sopportarmi e a stimolarmi. Diceva sempre che avrei potuto fare di più e aveva ragione. Io mi accontentavo, ma lui sosteneva che avrei dovuto puntare alla serie A. È stato un padre sportivo, anche nei momenti difficili mi ha sempre trasmesso fiducia».

Sempre a Legnago, iniziò ad allenare nel post carriera di campo. «Grazie al presidente Salvatore, poi anche in quel caso mi spostai a Ferrara allenando nei dilettanti (Pontelagoscuro, Ugo Costa Cassana; ndr) e mi divertii parecchio. Poi ci furono le esperienze con Master Spal, la televisione d’opinione al fianco di Alessandro Sovrani tra risate e litigate fino a quando ho deciso di staccarmi dal calcio. Non vengo neanche più allo stadio. Parlo di Spal con gli amici del centro anziani, scambiamo idee e purtroppo, dopo 4-5 anni davvero belli, siamo tornati nei campionati in cui i biancazzurri non meritano di stare. Ferrara è un posto che dovrebbe ambire ad altri palcoscenici. Accettiamo quel che viene, sperando di avere un po’ di fortuna, ma la consapevolezza è che nel calcio alla fine è sempre una questione d’economia».