«Ora tre innesti per avere di nuovo la Spal da playoff»
Il ds Casella si racconta senza censure: «Il progetto iniziale può e deve ripartire»
Ferrara Dopo la piovosa notte di Ascoli, il direttore sportivo Alex Casella è tornato a casa per trascorrere il Natale con i propri affetti. Le tavolate addobbate di rosso non mancheranno, ma non si pensi che l’uomo al vertice tecnico societario biancazzurro i giorni correnti siano di riposo. Tutt’altro: la fase d’approccio al calciomercato è un po’ già il calciomercato in sé, dunque il telefono rimane uno strumento attivo e bollente anche durante le feste.
Direttore, diciamocelo chiaramente, con la Spal in zona playout non è il Natale che noi tutti avremmo sperato.
«Eh, no. C’è molto rammarico per la classifica, le aspettative erano altre. Purtroppo, al netto di tutto, abbiamo combattuto con situazioni anche un po’ al limite, come i tanti infortuni che sicuramente ci hanno rallentato e limitato il percorso. Non è un alibi, ma un dato oggettivo, che ha messo in difficoltà il mister nelle scelte e i ragazzi rimasti a disposizione, essendo contati».
Quali sono stati, però, gli errori che riconoscete di aver commesso?
«Io non amo dedicarmi al la caccia alle streghe e credo sempre che, quando le cose non funzionano, ci sia da fare un mea culpa generale. Siamo un unico team di lavoro, le nostre prestazioni e il nostro rendimento hanno fatto sì che attorno si sia creato un clima negativo. A volte siamo stati davvero troppo arrendevoli e, ripeto, siamo tutti colpevoli. Il sottoscritto, il mister, lo staff, i giocatori. Anche perché, bene o male, hanno giocato quasi tutti e una possibilità è stata data a chiunque. Nessuno è esente da nulla, lo sappiamo al nostro interno. Ci tengo, però, a rimarcare un po’ di lucidità nell’analisi, ricordando che in estate siamo ripartiti da una sorta di “anno zero” con una totale ricostruzione. In questo senso abbiamo ancora un girone per porre
rimedio alla stagione e mettere le basi per il domani».
Va riconosciuto che lei e il mister ci avete sempre messo la faccia.
«È una caratteristica soggettiva, ma ritengo anche che sia doveroso, per chi ricopre un ruolo di responsabilità in questo tipo di settore. Ho iniziato a fare questo lavoro così e continuerò in questo modo. Quando le cose funzionano, è giusto stare defilati e lasciar spazio ai giocatori, quando le cose invece non vanno, è il momento di alleggerire i protagonisti che vanno in campo e prenderci noi più responsabilità verso il mondo esterno, che si chiede cosa stia succedendo».
Da fuori, invece, percepiamo molta distanza da parte della proprietà. Com’è il suo rapporto con il presidente?
«Quotidianamente o almeno settimanalmente ci sentiamo per confrontarci. Tacopina è edotto di ogni problematica. È normale che chi mette i soldi voglia capire il perché non funzionino le cose. Ma, ripeto, è coinvolto, io sono in grande sinergia con lui ed evidentemente non sono arrivati cambiamenti o stravolgimenti anche in virtù di questo filo diretto. L’idea è quella di continuare a programmare. Il presidente è intenso, positivo e professionale».
Dopo questi suoi primi mesi a Ferrara, cos’ha capito dell’ambiente attorno alla Spal?
«Ciò che mi ha colpito non è tanto la tifoseria in sé, ma la caratteristica che ha questo popolo. Si parla di famiglie intere, di generazioni, di persone provenienti da qualsiasi rango sociale: tutti hanno un attaccamento viscerale, a 360 gradi, verso la Spal. Questa cosa la capisci bene solo da dentro ed è un sentimento difficile da spiegare. Anche per questo, quando si perde a Ferrara, fa ancor più male».
Qual è stata la gara delle 20 giocate fin qui che vorrebbe sempre rivedere?
«Quella con la Torres. Per la mentalità, la cattiveria e la voglia di fare risultato. Pagherei di tasca mia per vedere sempre la squadra così, vogliosa di non cadere e di andare sempre sopra l’avversario. Il risultato, poi, è sempre figlio di questi fattori. Come regalo sotto l’albero di Natale vorrei proprio che ci fosse ancora quel tipo di mentalità per tutto il girone di ritorno».
Invece, quale la peggiore tra le peggiori dell’andata?
«Eh, purtroppo non ce n’è stata solo una, ma dico Pontedera. Brucia ancora tanto. È pur vero che eravamo rimaneggiati, ma chi ha giocato era tecnicamente più forte dell’avversario. L’abbiamo presa sottogamba e siamo stati rinunciatari, uscendo dalla gara. Un lato negativo che non vorrei mai più ritrovare da qui a fine campionato».
Mister Dossena ha mai rischiato l’esonero?
«No, e non c’entra il nostro rapporto umano o d’amicizia. Io sono per cambiare solo quando non vedo più una via d’uscita, nel senso che allenatore e squadra non si capiscono e non si credono più reciprocamente. In quei casi non contano le amicizie, contano i ruoli e quindi le possibilità d’intervento. Qui, al contrario, ho sempre percepito che la fiamma fosse accesa e che ci fossero le idee da mettere sul campo, così come la fiducia nel gruppo. Nel mister ho sempre percepito la voglia di mettersi in gioco, cambiando anche alcuni suoi principi per reagire. La disponibilità non è mai mancata nemmeno ai giocatori, quindi penso che potremo uscirne tutti assieme».
Antenucci ha sorpreso anche lei?
«Devo dire che non lo conoscevo personalmente e ho avuto il piacere di farlo in questi mesi. Provo grande stima umana e calcistica per lui, perché ha dato un grande apporto nei momenti più difficili della squadra. Non ha mai saltato un allenamento dal primo giorno di raduno a oggi, da una decina di partite non ha modo di rifiatare e ci ha aiutati a fare dei risultati, dando a ogni uscita il 110%».
L’idea originaria di una Spal “operaia”, “battagliera”, “offensiva”, “sbarazzina” è ancora percorribile?
«Se ragioniamo con la paura della classifica o del momento, continueremo a giocare remissivi e a essere degli ignavi. Il focus oggi dev’essere quello di tornare a provarci sempre, anche a costo di perdere la partita. I calcoli non sono argomenti per noi. Dobbiamo sentirci liberi di cambiare rotta».
Capitolo mercato: cosa dobbiamo aspettarci?
«Anzitutto non è un discorso legato alla disponibilità in nostro possesso. Stiamo parlando del mercato di riparazione: in pratica, si muove solo chi non ha fatto bene altrove. Punteremo a giocatori in uscita, funzionali al nostro modo di voler tornare a essere propositivi e utili a coprire i ruoli in cui siamo più carenti».
Tempistiche e mappatura delle necessità?
«Tre tasselli li ritengo fondamentali. Un attaccante, un esterno da tridente di piede mancino e una mezzala di qualità nella gestione del pallone, con la capacità di strappare negli ultimi 30 metri, visto che ora la visione su El Kaddouri è più quella del play davanti alla difesa. Proveremo a fare questi movimenti il prima possibile, tra l’altro sul centrocampista siamo già avanti. Poi, nella parte finale della sessione, ci saranno i soliti scambi dati dalle dinamiche e dagli incastri. Ma le nostre priorità sono quelle».
I nomi sfumati a fine sessione estiva, cioè Zilli, Piovanello e Haoudi, sono ancora d’attualità e fattibili?
«Gli ultimi due sì, li stiamo valutando e sarebbero garanzie d’aumento del tasso di qualità in rosa. Zilli, invece, non si muove da Cosenza. Sta giocando e, salvo cose clamorose da ultimi giorni, non lascerà la Calabria. Per l’attaccante non sarà semplice, perché si muovono in pochi e sono ricercati da tanti club».
L’interessamento dell’Ascoli per Bruscagin per ora è solo una chiacchiera di mercato, magari portata dall’entourage del giocatore, o si può parlare di qualcosa più vicino a realizzarsi?
«Ho letto anch’io le notizie uscite, ma al momento non ho ricevuto nessuna chiamata».
In chiusura: obiettivo playoff ancora alla portata?
«Dobbiamo fare la corsa su noi stessi. Se torniamo a fare la Spal, nessun obiettivo sarà irraggiungibile. Darselo è fondamentale ed è giusto, sennò non si sarebbe credibili. I numeri dicono che oggi dobbiamo uscire dai playout e puntare a quei playoff che sono lì a pochi punti. Non vedo perché non possiamo porci un obiettivo che sulla carta ci sta. Proveremo a raggiungerlo assieme al nostro pubblico, per dare una soddisfazione a questa stagione».