«Grazie per l’abbraccio a Sandro, anche lui amava tanto Ferrara»
La vedova di Crovetti, dopo le esequie private, ricambia l’affetto della città. Poi i ricordi, gli aneddoti e quelle passioni sconfinate tra Africa e palla a spicchi
Ferrara L’Africa il suo posto del cuore, la pallacanestro il mondo bello nel quale punteggiare passioni e interessi. Cultura e competenza. Ironia in salsa emiliana. In aggiunta, non a margine, si sentiva ed era un uomo profondamente integrato nella nostra città. «Era diventato un figlio di Ferrara e tale si sentiva», a fil di voce racconta Maria Cristina. È la moglie di Sandro Crovetti: il "Crov" ci ha lasciato mercoledì scorso. Sabato si sono svolti i funerali in forma privata a Reggio Emilia, domenica il pianeta basket ha osservato un minuto di silenzio su tutti i campi in sua memoria. Alla Bondi Arena nel maxi schermo sono scorse immagini riepilogative dei suoi anni con il Basket Club (2002/2010) sublimati con la promozione in A quell’indimenticato lunedì 14 aprile 2008 della notte di Fabriano. Adesso, abbassandosi il frastuono, galleggiano i ricordi sferzati dalla tempesta emotiva. Cristina, ferrarese, ha il cuore a pezzi, eppure non disperde sentimenti: «Ringrazio tanto la città per tutto quello che ha fatto per Sandro e come lo sta ricordando in questi giorni. Era amato e devo dire che anche lui ha sempre amato Ferrara. Anche in questi anni in cui ha smesso di lavorare come manager cestistico, Sandro è rimasto costantemente in contatto con i vecchi amici». Crovetti andava a cento all’ora quando era l’amministratore delegato del Basket Club. Telefono sotto il cuscino, mai spento. Arrivasse una chiamata dagli States per un contratto da firmare con un giocatore statunitense, non si poteva perdere l’occasione. Giungesse uno squillo di un suo atleta con un guaio da risolvere, non c’erano giorni festivi od orari. Abitava in corso Giovecca, un piano sopra la sede societaria. Una rampa di scale ed era in ufficio. Non era inusuale vederlo passeggiare all’alba davanti al Castello, tra nebbiolina e umidità. Non aveva la patente, «ma tanto un passaggio lo trovo», affermava sorridendo. Raccontando l’aneddoto di Castelnovo Monti, lui giovane cronista di tennis: «Posto isolato, non passa la corriera... non so come tornare a Reggio. Transita una macchina, si ferma e il conducente mi dice: "Sei Crovetti, quello della televisione? Dai, salta su". Insomma, un modo per raggiungere casa si trova sempre». E sì, Sandro è stato giornalista. Dirigente. Organizzatore di eventi. Tanta energia: «Smesso di essere operativo qualche anno fa, inizialmente ha fatto fatica a rallentare i ritmi - riprende la moglie Cristina -, poi s’era assestato». Di certo non fermato, perché viaggiava proseguendo a esplorare il continente africano; girava l’Italia andando a salutare i compagni d’avventura del suo tempo ancora attivi nel basket (ultimo coach Valli a Napoli dieci giorni or sono). Cristina sempre con lui, la sua vita con lui: «Non mi è crollato il mondo, sono due mondi che mi sono caduti addosso». Una lunga ondata d’affetto s’è riversata sulla famiglia Crovetti. Infiniti granelli di partecipazione, gocce di malinconia. Come la sabbia del deserto e il miraggio delle oasi d’Africa.