Un anno di Spal, da dimenticare
Si salva solo la risalita del Di Carlo-bis, poi penalità e discontinuità hanno fatto danni
Ferrara L’incredulità per lo sprofondo biancazzurro resta il sentimento predominante anche in questo 2024 che tra poche ore andremo a salutare. Per la Spal di Joe Tacopina si è trattato dell’ennesimo “horrible year”, contraddistinto da uno spartito globale forse ancor peggiore rispetto ai già non divertenti spettacoli vissuti nelle precedenti stagioni. L’imbarazzo della penalizzazione ricevuta è senz’altro stato il punto più basso di quest’anno solare e le poche partite vinte – tra illusioni e timide speranze – restano briciole, che non possono saziare minimamente una tifoseria stanca di soffrire e assistere ad avvilenti spettacoli, in campo e fuori.
GENNAIO Il primo mese dell’anno era stato già parecchio movimentato. L’ex direttore dell’area tecnica, Filippo Fusco, aveva concretamente riparato agli errori della passata estate, portando in casa biancazzurra prospetti funzionali durante la sessione invernale. Oltre ai non banali richiami dai prestiti di Nador e Galeotti, erano arrivati alla corte di via Copparo elementi come Ghiringhelli, Büchel, Zilli e Petrovic. Sul campo, però, la squadra di mister Leonardo Colucci era stata capace di pareggiare contro Vis Pesaro e Cesena, cedendo malamente dinnanzi a Perugia e Juventus Next Gen. Proprio nella serata contro i giovani bianconeri il popolo di corso Piave aveva contestato pesantemente tutte le componenti del club. Esattamente nei giorni in cui Tacopina veniva affiancato dal nuovo socio investitore, Marcello Follano, entrato nel consiglio d’amministrazione della Spal assieme alla sorella Gabriella.
FEBBRAIO L’iniziale ko di Lucca si rivelò letale per mister Colucci. Da lì, ecco il richiamo in sella per Domenico Di Carlo, con i primi 3 punti del “Mimmo Bis” ottenuti grazie ad Antenucci il 9 del mese contro la Recanatese. Seguirono ben 5 risultati utili consecutivi, compresa la vittoria di Pescara, e il nuovo assetto tattico in modalità 4-4-2 risollevò quantomeno la Spal dallo spettro della retrocessione. Nel frattempo, la tifoseria estense, trascinata dalla Curva Ovest, mise in piedi una serie d’incontri a salvaguardia del marchio del club: ne seguirono vari, almeno fino a primavera inoltrata, anche assieme all’amministrazione comunale e alla stessa società Spal.
MARZO Capita che i biancazzurri vadano a vincere un’altra serie di partite da punti pesanti (Sestri e Rimini), dunque diventa legittimo il pensiero di chiudere il prima possibile la pratica salvezza, ma anche guardare con rinnovata speranza la classifica, strizzando l’occhiolino all’ultimo posto utile per il lungo playoff di fine stagione. Insomma, il “miracolo” si sarebbe potuto anche realizzare, ma la Spal poi frenò in tre circostanze letali, perdendo a Pontedera e pareggiando a reti bianche contro Carrarese e Ancona. Idee di risalita pressoché compromesse, in un momento che si rivelò poi determinante nei pensieri di cambiamento di un Tacopina sempre più furioso con l’ambiente tecnico e i calciatori.
APRILE Purtroppo vane si rivelarono le quattro vittorie consecutive (Gubbio, Entella, Pineto, Olbia), che andarono a terminare un’annata non semplice e anonimamente chiusa fuori dalla post season, pur di pochissimo. Tuttavia, l’umore generale della piazza era stato – più o meno – risollevato e nell’immaginario medio di tifosi e addetti ai lavori c’era quantomeno una nuova base su cui poggiarsi per ripartire. Elementi, professionalità e tempo a disposizione per una nuova pianificazione mirata verso un qualcosa di più importante, insomma, ci sarebbero stati.
MAGGIO Invece, ecco l’inizio della lunga e stucchevole telenovela legata alle riconferme o ai cambiamenti. L’ex direttore generale, Corrado Di Taranto, – una volta che Tacopina aveva deciso di separarsi da Fusco – aveva iniziato una specie di casting per trovare un nuovo ds (si ricorderà il nome di Magalini), da affiancare alla conferma di mister Di Carlo e dei suoi fedelissimi di campo. Ma i tempi d’attesa per la quadratura diventarono quasi biblici, perché le idee di Tacopina – condivise con i collaboratori di sempre e con diversi amici conosciuti negli anni nel calcio italiano – si mostravano diverse e la doppia valutazione sul piano tecnico ed economico andò verso la strada della discontinuità. Niente Di Carlo, dunque. E primi contatti tra il presidente stesso e il mondo Pro Vercelli, dove lavoravano il direttore Alex Casella e mister Andrea Dossena.
GIUGNO I discorsi di nuova ricostruzione – già ricca di punti di domanda – vengono inframmezzati da una notizia poco piacevole, per usare un eufemismo. La Spal viene penalizzata di 3 punti (da scontare nella classifica della stagione successiva, con la conferma del provvedimento arrivato nel cuore dell’estate) per un ritardo nei pagamenti relativi alla prima parte dell’anno. Un colpo duro, durissimo, che accentua ancor di più la sfiducia della tifoseria verso la proprietà. Il caos diventa fortissimo. Tacopina perde Di Taranto (diretto a Cesena) e deve virare su Luca Carra (dal Catania) come nuovo direttore generale. Nel contempo Dossena viene scelto come allenatore, ma al momento della sua presentazione in via Copparo il neo ds non è Casella, ma Paolo Danzè. Profilo proveniente dal Milan, conosciuto dal patron biancazzurro grazie al legame di stima in essere con Maldini e soprattutto Massara. Casella, che in quei giorni ci era legittimamente rimasto tutt’altro che bene, però rientra dalla finestra una settimanina dopo, perché lo stesso Danzè lascia l’incarico appena ricevuto per motivi personali.
LUGLIO Eccoci nel mezzo di un’altra estate da assoluto mal di testa. Al “Fabbri” Dossena e Casella iniziano a lavorare tra campo e uffici. Ci sono una quarantina di situazioni contrattuali da valutare. Il ds è abile a compiere la maggior parte delle uscite, ma i tempi stringono e nel ritiro montano di Mezzana-Marilleva la Spal delle amichevoli e della preparazione non può ovviamente essere quella che si giocherà il campionato. Antenucci annuncia “the last dance”, ossia la sua ultima stagione da calciatore professionista, con indosso la maglia della Spal. La campagna abbonamenti “Come Together” alla fine fidelizza circa 3.700 tifosi, che mostrano tutto il proprio attaccamento alla maglia, mentre sul fronte giovanile prosegue il buon lavoro di De Gregorio e Conti, che affidano, con merito, la guida della Primavera a Max Pedriali. Leo Rossi, invece, rimane alla guida dell’Accademia Spal, la prima squadra del progetto in rosa del club.
AGOSTO Le entrate arrivano, pur con tempi che non aiutano l’allenatore. Si parte anche in una sorta di tregua ambientale, tra speranze e il nuovo modus operandi spiegato nelle intenzioni del board tecnico. Il 2-2 con l’Ascoli quantomeno diverte. Va meno bene a Perugia, ma al risultato negativo si aggiunge soprattutto il fallimento delle ultime ore di mercato, quando Casella non viene messo nelle condizioni di chiudere per almeno tre giocatori che sarebbero stati necessari. Al gong del mercato è una Spal incompleta, che deve ricorrere ad alcuni svincolati. Un peccato.
SETTEMBRE Sul campo si viaggia tra le montagne russe alla ricerca di una quadratura globale. Mentre la distanza comunicativa (e fisica) del presidente Tacopina diventa ancor maggiore, dopo le voci di un suo presunto interesse rispetto all’acquisizione del Tranmere Rovers (squadra di League Two inglese). La cosa rimane lì, non commentata pubblicamente e priva di evoluzioni sostanziali (fino a oggi). Mentre in città ci s’interroga quotidianamente sulle intenzioni future rispetto al progetto Spal, con gli occhi che vengono indirizzati a ogni altra scadenza economica (rispettata nei tempi stabiliti) per evitare d’incorrere in altre brutte figure penalizzazioni.
OTTOBRE La squadra vince a Rimini, ma a Campobasso riceve la prima di diverse imbarcate, che si possono tradurre in vere e proprie umiliazioni. Il poker subito in Molise, unito a tutto il contesto generale, scatena la rabbia della Curva Ovest, che dal successivo match contro il Pescara (pesante contestazione) esporrà l’eloquente striscione “Basta!” a ogni uscita. Intanto ci si mettono pure gli infortuni – tantissimi e di vario tipo – a complicare ogni piano di media punti sufficiente. Dossena ricorre al 5-3-2, più che altro per necessità numerica, anche perché difensivamente i gol subiti rimangono gli stessi del 4-3-3.
NOVEMBRE A Milano esce un’indiscrezione, una cordata capitanata da Massimo Moratti potrebbe acquistare la Spal: tanti i riscontri e gli indizi, mai una smentita ufficiale, né da una parte né dall’altra, ma non si concretizza nulla. Dopo la pesante debacle di Terni, con la Spal che “abbandona” inspiegabilmente il campo alla prima difficoltà, arrivano tre vittorie inaspettate. Pur senza brillare, batte il Pineto, vince bene a Legnago (il giorno dopo del rinvio per nebbia) e contro la Torres l’audacia dei biancazzurri viene anche premiata da quel pizzico di buona sorte che altre volte era mancata. Migliora la classifica, migliora l’umore generale, ma la squadra approccia l’ultimo mese dell’anno come peggio non avrebbe potuto fare.
DICEMBRE Nel gelo di Pontedera arriva addirittura una cinquina che fa arrabbiare chiunque, nessuno escluso. Il successivo ko con la Vis Pesaro rimanda la Spal in quella zona playout che persisterà sino all’arrivo del Natale. Perché i pareggi, dal differente sapore, conquistati a Gubbio e ad Ascoli, danno solo un piccolo movimento a una graduatoria che resta assai precaria. La possibilità di emulazione del girone di ritorno del precedente campionato passerà, anche stavolta, dal rientro dei vari infortunati e dalle mosse del calciomercato che il club riuscirà a portare a termine. Non è dunque ancora il tempo di stelle filanti, bollicine o fuochi d’artificio, ma almeno l’augurio che il 2025 sia – finalmente – un buon anno di Spal.