Muratori, tamburini e operai alla Guerra d’Indipendenza
Circa ottocento volontari lasciarono il Ferrarese per combattere con Garibaldi Felloni (Ascom): nel 1866 partì anche mio bisnonno, era un maestro di spada
Paolo Bonsi di Pietro quando partì aveva diciotto anni e di mestiere faceva il boaro. Con lui c’erano anche Giuseppe Bonini di Vincenzo, muratore diciassettenne; Giosuè Soia, comico di diciannove anni e Francesco Mura di Alessandro, ventenne e di professione tamburino.
Era il 1866 e al loro fianco, scarpe ai piedi e armi in spalla, partirono anche altri ottocento (o quasi) ferraresi. Tutti volontari che si arruolarono con il leader militare Garibaldi, che per gli estensi era anche presidente onorario della Società Democratica Unitaria Ferrarese.
Dai documenti emerge una grande voglia, da parte dei ferraresi, di partire per contribuire concretamente alla realizzazione della nazione. Molti dei partenti erano giovanissimi, spesso avevano meno di vent’anni, ed erano mossi da un sentimento patriottico fondato sulle imprese e il sacrificio di coetanei morti nel nome dell’Unità. Se il primo Risorgimento fu opera soprattutto di élite, nel 1864 la nazione fu fatta dal popolo nella sua interezza. Di quelle centinaia di nomi partiti da Ferrara e provincia si sa poco, quasi niente. Al museo del Risorgimento e della Resistenza (Corso Ercole I d’Este, 19) dove è stata allestita la mostra “1866: i 20 giorni di Ferrara capitale. La III guerra di Indipendenza” che termina oggi (ma che verrà riaperta con buone probabilità in autunno), sono tanti i faldoni che aspettano di essere inventariati. «È un lavoro molto impegnativo e consistente che stiamo cercando di fare - spiega Antonella Guarnieri, responsabile del museo - Molte carte sono andate perdute nel corso degli anni e durante i bombardamenti della II Guerra Mondiale ma tante si sono anche salvate. Da fine Ottocento le famiglie ferraresi hanno portato qui le loro carte. Abbiamo trovato alcuni documenti risalenti anche all’epoca Napoleonica; c’è un pezzo della storia di Ferrara non ancora adeguatamente studiato».
Il museo però, nella sua interezza, ha contato nel 2015 oltre 15mila visitatori che hanno segnato, secondo la responsabile, un aumento importante rispetto all’anno precedente e il 2016 parrebbe segnare un ulteriore crescita.
Oltre al curatore della mostra, Davide Mantovani, che ha prestato (e donato) cimeli provenienti dalla sua collezione privata, anche altri cittadini hanno dato in “comodato d’uso” al museo alcuni cimeli di famiglia. Il bisnonno di Giulio Felloni, presidente di Ascom Ferrara, fu tra i volontari che partirono e lui, attraverso i ricordi tramandati da sua nonna, racconta: «Mia nonna ci raccontava sempre che il bisnonno, era uno spadaccino molto bravo e che un giorno fece un duello con un austriaco a parco Massari. L’austriaco rimase ferito e mio bisnonno scappò in piazza Ariostea per nascondersi dai gendarmi che però, lo trovarono e arrestarono. Sua moglie, per andarlo a trovare e portargli qualcosa da mangiare - spiega Felloni - si travestì da fornaia! Lui fu insegnante di spada e in famiglia conserviamo ancora attestati, diplomi e stemmi. Sarebbe davvero bello - conclude - che questi cimeli venissero raccolti dal museo, non solo per una mostra, ma per dedicare un’ala permanente dello spazio al contributo che Ferrara, attraverso i suoi volontari, diede all’Unità d’Italia».
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