La Nuova Ferrara

«Un film con Totò? Magari! Ma era uno scherzo di Frassica»

di SAMUELE GOVONI
«Un film con Totò? Magari! Ma era uno scherzo di Frassica»

Corrado Tedeschi, racconta la sua vita tra teatro e tv Alle 21 al Nuovo protagonista di una commedia brillante

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di SAMUELE GOVONI

Corrado Tedeschi alle 21 sarà al teatro Nuovo con “Il conto è servito”, prima nazionale di uno spettacolo che promette di essere comico e riflessivo allo stesso tempo. Abbiamo intervistato l’attore livornese che tra un set televisivo e l’altro non perde la passione e l’amore per il palcoscenico.

. Quella de “Il conto è servito” al teatro Nuovo è la prima nazionale. Ce ne parla?

«Si tratta di una commedia molto divertente perché i primi a divertirsi, sono proprio gli attori. Quando c’è sintonia in scena il pubblico partecipa più volentieri e si diverti in modo particolare. Si tratta di una cena a casa da una famiglia moderna, ma solo apparentemente. Io sono un premio Nobel, l’ho ricevuto per la pace. Emergeranno però diversi contrasti tra il me intellettuale e il me “pratico”. Diciamo che ci saranno delle sorprese».

Facciamo un salto indietro di sessant’anni e torniamo al 1956, l'anno di “Totò, Peppino e la Malafemmina”.

«Ecco, sfatiamo un mito! Io non ci sono in quel film. Magari! Avrei voluto recitare con Totò, sarebbe stato un onore ma così non è stato. Tutto nacque da una battuta di Nino Frassica. Eravamo insieme durante una trasmissione televisiva, fecero vedere un estratto di quel film e così, per scherzare, Frassica indicando il bambino disse: “È lui, è lui!”. Tutti ci credettero, qualcuno lo scrisse anche su Wikipedia! Ma non sono io, è un altro bambino».

Quando è nato il suo amore per il cinema e per il teatro?

«Sono cresciuto in un cinema ad Augusta, in provincia di Siracusa. Mi innamorai fin da bambino di questo mondo meraviglioso, affascinante e fantastico. Per la carriera di mio padre, era militare, girammo molto. Quando fummo a Genova entrai nella scuola del Teatro Stabile e fin da subito capii che ciò che volevo fare nella vita era questo: recitare».

Quando ha capito che sarebbe diventata la sua professione?

«Non è un mondo meraviglioso quello in cui viviamo oggi, almeno a mio avviso. Salire sul palcoscenico per me è come trovare un riparo, un rifugio. Il palco è il luogo in cui mi sento totalmente a mio agio. Quando ci salgo mi dico: "Bene, ci siamo: sono a casa". Inoltre, non posso fare a meno del rapporto con il pubblico. Questo è il mio mondo, la mia vita e ne sono orgoglioso».

Teatro e fiction, programmi televisivi. Come riesce a conciliare tutto?

«A essere sincero con un bel po' di fatica. Far quadrare tutto non è sempre facile.

Provare uno spettacolo in teatro o stare sul set di una fiction televisiva è totalmente diverso, cambiano i ritmi e l'approccio al lavoro. Per come sono io, trovo il set più faticoso a livello psicologico rispetto al teatro anche se il risultato finale del lavoro televisivo mi piace sempre tanto».

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