La Confraternita delle stimmate. Dall’inquieto mistico antisemita ai frati pietosi col volto coperto
Resta ignoto l’autore del progetto dell’edificio. Al suo interno il Guercino dipinse una pala d’altare
La chiesa ferrarese dedicata alle Sacre Stimmate di san Francesco d’Assisi angola una posizione strategica tra la piazza Nova (poi Ariostea) e la Strada di san Guglielmo (oggi via Palestro). L’autore del progetto sfugge ancor oggi, ma non era certo un genio. Fu pensata per soddisfare le esigenze pie della Confraternita omonima, che voleva ampliare la propria influenza in città fin dai primi del Seicento. La Confraternita si era formata a Roma alla fine del XVI secolo. Si rinsaldò allora il culto delle stimmate (o stigmate), i “marchi” che il santo di Assisi portava sul suo corpo come riflesso della venerazione per Gesù torturato e crocefisso.
MIRACOLI
Le Stimmate vennero adorate per se stesse: dal Medioevo nell’ambito dell’Ordine francescano, dal tempo della Controriforma si attuò un solenne allargamento a tutti i fedeli, con una festa dedicata dal 1586, il 17 settembre. La spinta più forte per questi riconoscimenti venne appunto dai francescani osservanti. Le confraternite scaturite dal culto imbastirono una rete di sodalizi ispirati al miracolo. Un ottimo lavoro dedicato a queste realtà è quello di Alessandro Serra in «Rivista di storia e letteratura religiosa» 18, (2012).
ANTISEMITISMO
Il più impegnato su quel fronte fu fra Bartolomeo Cambi da Salutio (la cui famiglia era originaria di Salutio di Arezzo, le sue date sono 1558-1617), autore di testi di intensa spiritualità. Cambi era un inquieto e mistico francescano, che chiedeva una riforma interna dell’Ordine. Le sue prediche catturavano le folle: minacciava punizioni celesti per i peccatori, profezie tremende e castighi durissimi si prospettavano anche solo per quisquilie come le pettinature frivole, dette “ciuffi”. Suscitava tensioni tali che gli fu proibita la predicazione a Firenze. Lì non avevano dimenticato Savonarola. Dal 1602 Cambi si spostò in continuazione, mettendo in allarme governi e clero locale che temevano le conseguenze dei suoi sermoni. A Modena fu bloccato, per poi tornarvi. Il bersaglio preferito del frate erano gli Ebrei. Spandeva un antisemitismo viscerale.
Cesare d’Este, duca di Modena e già signore di Ferrara, fu colpito dai suoi strali perché non era abbastanza severo con gli Ebrei. Giunto a Mantova, Cambi riprese duramente in pubblico il duca Vincenzo Gonzaga, ancora per via della sua tolleranza verso gli Ebrei. Durante le prediche mantovane vi furono tumulti, violenze e scene di isteria collettiva. Gonzaga fece scortare Cambi fuori dai suoi Stati. Poi, adirato, il sovrano espresse il suo disappunto a papa Clemente VIII, che si affrettò a scusarsi per quanto accaduto. Cambi puntò anche su Ferrara, dove ebbe attenzione dalle famiglie ancora in vista dopo la recente Devoluzione che aveva allontanato gli Estensi dalla capitale del ducato. Però qui le autorità, preavvisate degli eccessi del frate, limitarono ogni suo passo, anche se gli fu permesso di perorare la causa della nuova Confraternita, purché non attaccasse gli Ebrei.
SILENZIO E UMILTA'
Dopo molte traversie e sedi precarie, morto ormai fra Bartolomeo, nel 1621 un nuovo oratorio dedicato alle Stimmate prese forma a Ferrara. Dal 1604 un oratorio simile si era organizzato anche a Comacchio e lo storico Ferro (1701) lo definisce «segreto». Forse le pratiche di estremi esercizi spirituali in stile Cambi venivano condotte senza clamore, per non suscitare allarme. Scalabrini descrisse nel 1773 i confratelli di Ferrara: «Vestono un sacco di lana bigia col volto coperto, cinti di fune, con Croce rossa al braccio, corona in mano piedi ignudi con solette legate di cuoio all’Appostolica». Dovevano essere pietosi, visitare i malati, seppellire i morti, osservare silenzio ed umiltà. Alla chiesa vennero annesse sale per le riunioni confraternali e locali per scopi caritatevoli ed educativi. Non per nulla all’interno esisteva un quadro dedicato a san Giuseppe Calasanzio (1557- 1648), fondatore degli Scolopi, educatori delle Scuole Pie.
TELE E TAVOLE
Il santo spagnolo aveva rapporti epistolari con il capitano Francesco Maria Mastellari di Pieve di Cento (ma impegnato in cariche ferraresi), come dimostra il suo epistolario, pubblicato qualche anno fa da P. Leodegario Picanyol. Il capitano era amico e committente del Guercino: e per la chiesa delle Stimmate venne dipinta una ammirevole pala dell’artista centese, San Francesco stimmatizzato (1632), offerta materialmente dal conte Cesare Estense Mosti, tuttavia forse Mastellari entrò in qualche modo nella cosa. Anche Carlo Bononi ha lasciato tele e tavole alle Stimmate, in specie risalta il drammatico Compianto detto talora Pietà (1624), in cui Maria pare abbia le fattezze della nipote del pittore, sempre cupa e melanconica a parere di chi la conobbe. Alle Stimmate, capsula del tempo, furono sepolti personaggi della nobiltà, ma anche tre artisti della Ferrara barocca, purtroppo negletti ma molto interessanti, cioè Alfonso Rivarola detto Chenda, Francesco Costanzo Catanio e Giacomo Parolini. —
(3 - continua)
Micaela Torboli