Alda Merini, novant’anni dalla nascita nella Giornata mondiale della poesia
Imprevedibile, intensa, erotica e mistica nel suo alternare lucidità e follia. La voce di Alda Merini, la grande poetessa del Vuoto d’amore e de L’altra verità, ha una potenza che si rinnova anche a 90 anni dalla sua nascita. «Sono nata il ventuno a primavera/ma non sapevo che nascere folle, /aprire le zolle/potesse scatenar tempesta» aveva scritto ricordando la sua nascita, il 21 marzo del 1931 a Milano. E in quel 21 a primavera si celebrano dal 1999 i poeti con La Giornata mondiale della poesia dell’Unesco. Una ricorrenza che, al tempo della pandemia, rende omaggio alla poetessa, a 90 anni dalla sua nascita, riaprendo virtualmente, con una nuova gestione, “Casa delle Arti– Spazio Alda Merini” a Milano che le ha dedicato il ponte sui Navigli. I suoi versi risuoneranno nel video, online sulle pagine social di Spazio Alda Merini, nella performance Il sogno canta su una corda sola con 21 donne, tra cui anche ex detenute, collegate dal filo di un immaginario telefono ideato dall’artista Andrea Bianconi, su progetto di Casa Testori e in tante maratone poetiche per la Giornata Mondiale della Poesia. Proposta nel 1996 per il Premio Nobel per la Letteratura dall’Academie Francaise con una catena di adesioni che è continuata fino alla morte, segnata dall’esperienza del manicomio tra gli anni Sessanta e Settanta, la Merini, morta il 1 novembre 2009, aveva cominciato giovanissima, a 16 anni, a comporre le prime poesie semplici, lineari, di pochi versi, incontrando subito il favore dei lettori.
COMPONIMENTI
A sottoporre le sue prime liriche ad Angelo Romanò che le fece leggere a quello che è giustamente considerato il suo scopritore, il critico letterario Giacinto Spagnoletti, fu Silvana Rovelli, cugina di Ada Negri. La prima raccolta della Merini, La presenza di Orfeo, pubblica da Schwarz nel 1953, è stata subito un successo di pubblico e critica. In quegli anni la Merini aveva già incontrato anche Giorgio Manganelli, al quale è stata legata fino alla fine da una forte amicizia. Con la sua collana di perle sempre al collo e l’immancabile sigaretta celebrata anche in alcuni versi di Ballate non pagate, la Merini ha trasmesso con la sua poesia una forza emotiva che parla a tutti. Dal 1955 al 1962 sono state pubblicate altre quattro raccolte riunite da Scheiwiller nel 1993 nel libro La presenza di Orfeo. Poi, dal ricovero al manicomio Paolo Pini nel 1965, dal quale uscirà solo nel ’72 a parte brevi periodi a casa, sono seguiti vent’anni di silenzio. Fino al ritorno nel 1984 con La Terra Santa considerato il suo capolavoro con cui vinse il Premio Librex-Guggenheim “Eugenio Montale” per la poesia e una serie di nuove raccolte tra cui Fiore di poesia. Nel 1986 ha preso il via anche la sua produzione in prosa con L’altra verità. Diario di una diversa poi ripubblicato da Rizzoli in un’edizione ampliata nel 1997 e riproposto con due poesie inedite. Dell’esperienza dell’internamento aveva raccontato in un incontro al Festival Letteratura di Mantova nel 2008 che «l’unico libro che c’era era il Fracchia di Fantozzi che so a memoria».
E a proposito della follia aveva detto parole che suonano profetiche oggi: «Uno impazzisce nel modo più idoneo per lui, per non dire l’altra verità, la sua verità. La poesia è un modo di farsi una nicchia personale in cui si aspetta il vero miracolo di salvezza». —
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