Violantilla sepolta in San Francesco La tomba fu elogiata da D’Annunzio
Quante volte entrando in chiese e monasteri capita di imbattersi in lapidi e tombe di personaggi un tempo celebri e oggi sconosciuti ai più? Per fare luce sui personaggi che furono, e, laddove è possibile, sugli artisti che realizzarono i loro sepolcri, comincia oggi un il viaggio della Nuova alla scoperta delle tombe estensi.
Entrando nella basilica di San Francesco a Ferrara dalla piccola porta laterale, basta guardare in alto, sotto l’arco a ogiva, per ammirare un sarcofago rinascimentale di squisita fattura. È dedicato a Violantilla Riccardi, moglie di Agostino II Villa, governatore e diplomatico, e reca l’anno 1500. I Riccardi, nobili napoletani, erano stabiliti anche ad Ortona a Mare: la duchessa Eleonora d’Aragona aveva portato con sé, venendo sposa a Ferrara, un seguito di persone di quei luoghi, che imbastirono legami in città. Anche grazie ai matrimoni, come quello di Violantilla ed Agostino, che era ben conscio di far parte di una famiglia ferrarese di militari, legata a doppio filo alla Casa d’Este. Per la sposa, dalla quale ebbe i figli Francesco ed Eleonora, fece eseguire un sarcofago all’antica, poggiato su un plinto.
LE RIFINITURE
È decorato con festoni e nastri (classico simbolo funerario) e sovrastato da cornucopie alludenti al fasto della casata Villa, evocato anche da stemmi araldici e panoplie guerresche scolpite sul fronte. La cassa è ornata da una classica “tabula ansata” dorata a pennello, con ali a triangolo, che riporta le lodi della dama, dettate da Agostino (non Augusto come si legge, traendolo dal latino). Violante è nome noto anche nel diminutivo Violantilla, come una delle donne della raccolta poetica Silvae, scritta dal romano Publio Papinio Stazio (96 d.C.).
AUTORE IGNOTO
A lungo sfuggito agli storici ferraresi, si deve pensare per questo che la collocazione della cassa non sia stata definita per molto tempo, caso non raro. Subì modifiche, e sappiamo dal Brisighella (sec. XVIII) che esistevano due altari a fianco della porta, e la tomba era ornata anche da un busto in maiolica e da trionfi di frutti uscenti dalle cornucopie, oggi scomparsi. Nel 1680 Giuseppe Borghini, autore delle Memorie dell’inclita Famiglia delli signori marchesi Villa (in Ferrara, Per gli Eredi del Giglio) nota che dall’iscrizione pare che Violantilla fosse morta nel 1500, ma, esaminando i documenti, trovò un “privilegio d’esentione” datato 1525 (pp. 16-17 del libro) del duca Alfonso I d’Este, nel quale la dama, detta Violante, è citata come vivente (con la sorella Diana, moglie di Bardo Strozzi): una incongruenza ancora irrisolta. L’autore del manufatto resta ignoto. Gabriele D’Annunzio elogia la tomba in una delle prose delle Faville del maglio degli anni ’20: «Quella campana suona dalla vecchia torre di San Francesco? E un’altra morta – femmina ed eroina – s’alza dall’arca di granito roseo scoperchiata, scotendo dal coperchio i gorzaretti i giachi i bracciali le manopole le targhe i turcassi. Ha nome Violantilla Ricarda moglie d’Augusto Villa cavaliere, mirae castitatis femina». —
(1 - continua)
Micaela Torboli
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