Sgarbi e i fantasmi di Michelangelo
Nel nuovo libro il critico ferrarese racconta la grandezza dell’artista: «Buonarroti rappresenta la sintesi formidabile del Rinascimento»
Si intitola Michelangelo. Rumore e paura il volume che chiude la trilogia di Vittorio Sgarbi dedicata al Rinascimento. Nell’opera, da oggi (21 novembre) in libreria per La nave di Teseo, Sgarbi insegue Michelangelo nello stupore della bellezza, indaga le ombre della sua personalità inquieta, e pagina dopo pagina la storia del più grande di tutti diventa una storia che ci riguarda, il racconto del genio che ha mostrato al mondo l’anima dell’uomo.
Di seguito un estratto del libro, gentilmente concesso dalla casa editrice a la Nuova Ferrara.
di Vittorio Sgarbi
Se la Pietà è un’opera che chiude il XV secolo, tra il 1501 e il 1504 Michelangelo apre quello successivo dandoci un nuovo paradigma, il David. Il David è l’idea dell’Uomo di Leonardo, un uomo dominatore del mondo, più grande del vero, dall’anatomia compiuta, in posizione giganteggiante, come un Apollo, come una divinità antica. Michelangelo dà inizio al Cinquecento con questa scultura, ed è come se volesse fornirci la sintesi di un grande mondo che in essa rinasce: il Rinascimento. Il Rinascimento è essenzialmente in questa immagine, nella sua forza. Una forza che si esprime non solo nella potenza del corpo e nella misura delle forme, ma anche nella dimensione interiore, tutta raccolta nel volto e nello sguardo, uno sguardo pieno di pensiero.
LA FATICA
Davide compie la grande impresa di colpire il nemico Golia, e il suo sguardo manifesta il senso di una volontà, di una determinazione per l’azione decisiva. La mano e il braccio sono tesi, il sasso, una volta posto sulla fionda, consentirà a Davide di uccidere Golia. Tutto è ponderato. Il pensiero è profondo, intenso, la concentrazione è assoluta. Il corpo poggia su una sola gamba, determinando una posizione elastica che richiama la misura antica, quella della scultura classica, di Policleto. Ma Michelangelo vedeva molto in avanti: il David è tanto più sublime perché incredibilmente prefigura un’opera che noi conosciamo ma Michelangelo non poteva conoscere, come mostrerò tra poco. L’unico precedente che Michelangelo poteva avere presente era il David di Donatello, che però non è nella condizione della premonizione dell’atto, ma dell’atto già compiuto, dopo avere ucciso Golia. Anche il David di Donatello – opera che precede di circa 60 anni il David di Michelangelo – poggia su una gamba sola, si compiace di tenere la testa di Golia sotto il piede, il suo sguardo è soddisfatto di quanto ha compiuto. La sua è una posizione di riposo, non di tensione. Michelangelo introduce una dinamica nuova, un’energia controllata ma pronta allo scatto, e quindi pur considerando gli elementi di consonanza, è opportuno sottolineare questa diversità: la testa del David di Donatello è quella di un giovane che ha portato a termine un’impresa. Non possiamo perciò dire che la concentrazione del David di Michelangelo derivi da Donatello. Quello che lui riproduce c’era stato, ma lui non poteva saperlo. Si tratta di uno dei Bronzi di Riace. L’attaccatura delle gambe al busto, la postura degli arti inferiori, il movimento del braccio che, in origine, doveva tenere in mano uno strumento sono assimilabili a quelli del David.
OPERA SUBLIME
Allora Michelangelo ha visto i Bronzi di Riace e ne ha derivato la sua idea di Rinascimento? No. Il David nasce senza un modello conosciuto. Questo capolavoro è tanto più formidabile, perché nasce presumendo quello che non si conosceva, diventando una reinterpretazione, una rinascita di qualcosa di cui non era nota la nascita. Pertanto la relazione tra le due sculture – i Bronzi di Riace e il David – è inevitabile, ma ha un carattere non decisivo. Non è un rapporto reale, perché il rapporto è impossibile. I Bronzi di Riace sono stati ritrovati e recuperati dal mare nel 1972 ed esposti pubblicamente nel 1980, a Firenze.
Nel 1972 io ebbi la ventura di trovarmi nel museo di Reggio Calabria, e i custodi, con una piccola mancia, mi portarono in una stanza dove erano appena stati collocati i Bronzi. Capii che erano sublimi, ma non ne sentii più parlare fino al 1980, quando apparvero al Museo archeologico di Firenze, restaurati . Un passaparola diffuse la meraviglia suscitata da queste sculture mai viste che nel 1981 furono chiamate, dall’intelligenza del presidente Sandro Pertini, al Quirinale, dove arrivarono scortate e rimasero esposte per tre settimane, per divenire patrimonio universale. Poi, essendo state ritrovate in Calabria, lì furono riportate. Michelangelo aveva visto i Bronzi senza vederli. Michelangelo evoca fantasmi, deriva un’immagine da un’immagine che non conosceva. Questa è la sua grandezza, la sintesi formidabile del Rinascimento.