La Nuova Ferrara

Il libro

Ferrara, Franceschini torna in libreria con “Aqua e Tera”

Giacomo Bentivoglio
Ferrara, Franceschini torna in libreria con “Aqua e Tera”

Settant’anni di storia nel romanzo dell’ex ministro ferrarese, con un omaggio ai suoi avi

24 settembre 2024
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Ferrara “Aqua e Tera”, con il titolo scritto volutamente in dialetto, è un classico marchio di fabbrica territoriale. L’acqua è quella che veniva prosciugata con la bonifica in una zona particolarmente palustre come la provincia di Ferrara, dove imperversavano zanzare e malaria. La terra è quella strappata a valli e acquitrini dagli scariolanti in un periodo di grande miseria e stenti, di lavoro duro e mal retribuito. Ci sono settant’anni di storia ferrarese nell’ultimo romanzo di Dario Franceschini (ed. La nave di Teseo), in libreria da oggi, dove l’acqua e la terra sono determinanti, ma c’è anche molto di più. È un appassionato racconto di vita e di morte, di lotte e conquiste, di diritti negati e di ricerca di giustizia nella speranza di un futuro migliore. Soprattutto è un racconto d’amore.

Sono le donne a uscire a testa alta da questo romanzo che coinvolge cinque generazioni: meno ottuse e schematiche, molto più aperte al cambiamento e alla tolleranza verso il prossimo, ragionevoli indipendentemente dalla famiglia di provenienza. Mogli, madri e figlie, travolte molto spesso da una vita che non desideravano, fatta di imposizioni, costrette per moltissime di loro a un’esistenza costellata di privazioni e rinunce. Franceschini conosce bene la storia – anche per aver scritto nel 1985 “Il Partito Popolare a Ferrara. Cattolici, socialisti e fascisti nella terra di Grosoli e Don Minzoni” – e dissemina ad arte nel racconto avvenimenti realmente accaduti, come la bonifica sul finire dell’Ottocento e il lavoro degli scariolanti, i fiocinini di valle, l’eccidio di Ponte Albersano nel 1901 con gli spari dei soldati del Regio Esercito contro i braccianti, gli scioperi nelle campagne, le tumultuose elezioni nei primi anni Venti, le rappresaglie tra socialisti e fascisti, la figura di Giacomo Matteotti, gli scavi archeologici a Spina, l’arrivo di Mussolini a Ferrara e dopo pochi mesi le camicie nere al potere, l’agguato omicida a don Minzoni nel 1923 e la liberazione di Ferrara nel 1945, tutte date salienti che trovano riferimento e combaciano con la nascita e la morte di molti protagonisti del romanzo e delle loro famiglie. “Terra e acqua” come una canzone di De Gregori a cui Franceschini in prima pagina fa riferimento, un brano che prende spunto da una quasi omonima canzone popolare polesana scritta da Gigi Fossati e Sergio Liberovici. Scariolanti e braccianti barricaderi da una parte, squadristi picchiatori e agrari da un’altra, in un clima di tensione e violenza, di soprusi e ingiustizie. C’è anche un luogo dell’anima per Franceschini, qui molto ben descritto con dovizia di particolari da chi ne conosce ogni centimetro quadrato, ogni angolo, ogni segreto, perché lo vedeva dalla finestra della sua casa ferrarese in corso Giovecca 168 ed è il giardino della Palazzina Marfisa.

È una sorta di Giardino dei Finzi Contini di bassaniana memoria, e separa le due case dove nel romanzo vivono le due ragazze protagoniste, unite da un amore vero e puro, ma impossibile in quell’epoca e per la morale del tempo, sia di destra, di centro e di sinistra, giudicato scandaloso e inaccettabile. La prima, figlia di capi lega socialisti, i Callegari; la seconda, appartenente a una famiglia di agrari, i Barilari, legati a doppio filo al fascismo. Così lontane ma così vicine. Lì è nato il loro amore, lì si è sviluppato e metaforicamente, sempre in quel luogo, ha resistito pure al forzato distacco e alla lontananza. Un amore più forte anche della morte. L’autore sa toccare le corde del cuore, dispensando emozioni a giuste dosi, intrecciando il racconto sentimentale con i tragici avvenimento del tempo, ma il tutto è alleggerito anche da alcune espressioni tipiche ferraresi con quella saggezza popolare perfettamente calata nella realtà che mescola ironia e sapienza. Franceschini evoca sotto falso nome anche la sua famiglia, un tributo ai suoi nonni, l’avvocato Luigi e Angiolina che abitavano nella casa confinante alla Palazzina Marfisa dove è ambientata anche la parte nodale e finale del romanzo. Si legge Fortini nel romanzo, ma in realtà è Franceschini. Il piccolo Giorgio, nato il 15 maggio 1921, data delle elezioni, è il papà dell’autore, il quale il giorno della Liberazione, 24 anni dopo, portò in municipio il tricolore del “CLN”, vessillo appositamente cucito dalla mamma. C’è un omaggio anche a Michelangelo Antonioni e Giorgio Bassani, protagonisti di incontri di tennis all’ultimo set proprio sui campi di quella Marfisa, dove era nato l’amore tra Lucia e Tina, le due protagoniste principali del racconto. Un riferimento anche a Renata Viganò, la scrittrice partigiana che diede alle stampe “L’Agnese va a morire”, tradotto in film da Montaldo; anche nel romanzo si parla di staffette arruolate dalla Resistenza nel Ferrarese che nascondevano messaggi nel tubo della sella della bicicletta. Tra le pagine sono numerose le citazioni dove emerge nel contesto la tradizione ferrarese: dalla preparazione dei cappelletti al gioco di carte del Trionfo, per non parlare del classico filò, il ritrovo serale, dove si raccontavano e si tramandavano le storie. Per la trama avvincente, poetica e ricca di spunti storici questo “Aqua e Tera” si può definire un nuovo romanzo di Ferrara. E Bassani ha trovato un insospettabile erede.