In ricordo di Luca Tartarini
Mentore, ispiratore, studioso di teatro, di danza, di cultura orientale, pieno di vita. A Ferrara il suo funerale. Vasco Brondi ripercorre qui insegnamenti e incontri
Il 1° febbraio 2025 all’ospedale Sant’Orsola di Bologna si è spento Luca Tartarini, ferrarese conosciuto in vari ambiti sportivi e culturali della città. Appassionato di canottaggio e rugby, Tartarini amava anche il teatro e il cinema. Era sostenitore della cultura giapponese, cintura nera di Aikido e maestro del massaggio shiatsu. Chi lo ha conosciuto lo ricorda non solo come una persona preparata ma anche buona. Ieri pomeriggio a Ferrara è stato celebrato il suo funerale. Vasco Brondi, cantautore e scrittore ferrarese, ha voluto ricordare lui, i suoi insegnamenti e i loro incontri con questo testo che proponiamo qui.
di Vasco Brondi
Ho avuto la fortuna di conoscere Luca quando da ragazzino andavo alla Canottieri di Pontelagoscuro per fare canottaggio. Ho remato con la più totale serietà fino ai diciassette anni, facendo gare, campionati italiani, allenamenti quotidiani. Anche Luca si era formato con il canottaggio ed era un grande amico del mio allenatore Andrea Pareschi. Luca è stato il primo a parlarmi delle filosofie orientali, era una grande conoscitore del Giappone e ricordo che mi fece grande impressione parlandomi del Seppuko, il suicidio rituale dei samurai, fatto da Mishima dopo aver tenuto un discorso per criticare l’occidentalizzazione del Giappone. Anni prima dei libri di Stefano Mancuso, o che fosse anche scientificamente provato o di moda, mi parlava degli alberi come organismi estremamente evoluti e di nascosto ogni tanto li abbracciava e mi diceva “Questo è pieno di vita”. Parlava di Aikido, dei suoi studi e della pratica dello Shiatsu. Aveva, insieme al mio allenatore, una visione del canottaggio da Samurai e mentre avevamo i piedi nel fango per portare giù le barche, mentre correvamo nella nebbia sull’argine emergeva questo improbabile accostamento. I Samurai della bassa padana, l’antico codice morale dello Zen a Francolino. Una volta lui e Andrea mi portarono con loro a vedere una gara internazionale a Lucerna, in Svizzera, la mia prima uscita dall’Italia. Abbiamo dormito per terra da un loro amico atleta a metà strada, stavo seduto dietro in macchina e li ascoltavo parlare. Resta uno dei viaggi più belli e importanti della mia vita. Poi ho cambiato ambiente, ho iniziato a suonare e abbandonato il Po e il suo argine per i concerti, la biblioteca, gli spettacoli teatrali ma, con mia grande sorpresa, incontravo comunque Luca che, con la stessa disinvoltura e con lo stesso abbigliamento, frequentava il teatro attivamente, frequentava le mostre, il cinema, andava come me sempre avanti e indietro da Bologna. Era molto conosciuto nella vita culturale della città che contribuiva ad animare e io non ne sapevo niente. In questi nuovi incontri mi parlava di arte e di danza contemporanea, mi diceva che solo nella danza c’è ancora un grande fermento e il motivo è che “non ci sono soldi, è una grande fortuna non avere soldi, rende liberi!”. Mi ha raccontato di quando Pina Bausch, la grande e rivoluzionaria danzatrice e coreografa è venuta a Ferrara e lui si è alzato durante un incontro a teatro rivolgendosi a lei “Volevo solo dirle che lei mi ha salvato la vita” o qualcosa del genere. Luca aveva avuto una vita famigliare molto difficile e con molti problemi ma l’unica traccia che se ne vedeva era la forte empatia verso gli altri, la sua totale apertura. Lo incontravo spesso sul regionale per Bologna, era sempre andato a vedere mostre o spettacoli, sempre rigorosamente da solo e mi sembrava così sereno rispetto agli altri adulti che conoscevo. Mi ricordo quando mi ha raccontato che aveva lasciato il lavoro a tempo pieno alle Poste per dedicarsi solo allo Shiatsu di cui era diventato un grande esperto, mi ha raccontato di quando con il suo maestro erano stati chiamati a Milano per fare un trattamento a Peter Gabriel e a sua moglie prima di un concerto. Mi ricordo quando gli ho portato il primo demo che avevo registrato, chitarra e voce, tutto urlato. Lui mi ha incoraggiato, mi ha detto che era pieno di energia e che forse dovevo andare via da Ferrara almeno per un po’. Mi ricordo casa sua, in via Armari, buia e orientale, mi aveva fatto un trattamento shiatsu e me lo ricordo leggerissimo. È stata la prima persona a farmi vedere l’ultraterreno ben affondato anche nel fango di Pontelagoscuro, la possibilità di ridere ed essere sereni anche in mezzo ai casini, la curiosità, la ricerca, l’arte e la cultura come un anticorpo, come un talismano. Non sapevo fosse malato, ci siamo scritti raramente, i nostri erano diventati incontri casuali e inaspettati, è rimasto in sospeso un giro in barca sul fiume, mi dispiace non esserci stato in questi ultimi giorni. Sono tornato a casa dei miei e mi hanno fatto vedere la notizia sul giornale. Non lo vedevo da qualche tempo, l’ultima volta ci siamo incontrati tra gli scaffali della biblioteca Ariostea, e me lo immagino ancora lì, ancora a continuare a cercare ma senza nessuna ansia, solo con la fiducia che avrebbe sicuramente trovato qualcosa.